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INTRODUZIONE
La “teleriabilitazione” o la “teleconsulenza fisioterapica” sono peculiari modalità della pratica riabilitativa da ricondurre, comunque, al più ampio settore della telemedicina.
Già nel 2014, il Ministero della Salute aveva emanato delle linee di indirizzo nazionali1 su questo argomento, all’interno delle quali sono menzionati anche i professionisti della riabilitazione.
L’emergenza COVID-19 ha indubbiamente incentivato i professionisti a ricorrere a modalità alternative di prestazione del servizio e, probabilmente, la riabilitazione e/o il consulto fisioterapico a distanza, diventerà sempre più frequente.
La maggiore Associazione rappresentativa dei fisioterapisti ha, recentemente, preso posizione proprio su questi argomenti, precisando che “Le Teleconsulenze fisioterapiche sono strumenti che possono essere utilizzati per estendere la pratica tradizionale oltre gli spazi fisici abituali. Si configurano come una diversa modalità di erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e pertanto rientrano nella cornice di riferimento che norma tali processi (es. valutazione, documentazione, remunerazione, fatturazione…) con alcune precisazioni sulle condizioni di attuazione”2.
Nel rimandare, chiaramente, a tale importante documento, per quanto concerne gli aspetti organizzativi e di attuazione pratica di questa “nuova” modalità di esecuzione della prestazione riabilitativa, in questa sede si cercherà di delineare gli aspetti problematici relativi alla responsabilità civile e penale del fisioterapista che ricorra a questi strumenti di riabilitazione.
In via esemplificativa, si immaginino i seguenti casi problematici di riabilitazione effettuata con modalità telematiche (e, quindi, a distanza):
- un fisioterapista richiede al paziente di eseguire un determinato esercizio volto a migliorare il suo equilibrio statico (ad esempio gli chiede di stare per un determinato tempo alternativamente su un piede solo); nello svolgimento dell’esercizio, il paziente cade e si procura una lesione;
- un fisioterapista effettua in teleriabilitazione un trattamento di rieducazione di paziente che ha subìto la frattura del femore; nello svolgimento di un esercizio proposto dal fisioterapista, si verifica una nuova rottura del femore;
- un fisioterapista chiede al paziente di passare, autonomamente, dalla posizione supina a quella eretta e il paziente, nel compiere questo passaggio posturale, perde l’equilibrio, cade e si procura un trauma cranico;
- un paziente esegue in modo scorretto l’esercizio proposto dal fisioterapista e si procura un danno ulteriore;
- un fisioterapista chiede a un familiare del paziente (o ad altra persona presente con il paziente) di coadiuvare il paziente nell’esecuzione dell’esercizio richiesto e l’aiuto di questa persona non solo non risulta funzionale, ma addirittura nocivo e arreca un danno.
Tutte queste ipotesi possono dar luogo a responsabilità civile e penale del fisioterapista. Responsabilità che, come noto, sono comunque proprie di questa professione qualora il professionista cagioni un danno (lesione) al proprio paziente.
La responsabilità civile sorge nei confronti del paziente danneggiato, che chiederà di essere risarcito per le lesioni subite. Può trattarsi di responsabilità contrattuale (come nel caso in cui il paziente si rivolga direttamente al fisioterapista e con questo stipuli il contratto di prestazione di servizi) oppure extracontrattuale (che sorge quando il fisioterapista sia dipendente o anche solo collaboratore di una struttura sanitaria, per esempio ospedale, clinica, struttura accreditata).
La responsabilità penale, invece, nasce se viene violata una norma di rango penale, ossia viene commesso un reato. L’ipotesi più probabile, per un fisioterapista, è quella del reato di lesioni personali. In questo caso, la responsabilità è sempre personale (del reato risponde chi lo ha commesso, eventualmente in concorso con altri).
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
La responsabilità civile sorge in caso di inadempimento contrattuale (cosiddetta responsabilità contrattuale) o di commissione di un fatto illecito che cagioni un danno ingiusto (cosiddetta responsabilità extra contrattuale o aquiliana).
Nel caso dell’inadempimento contrattuale, le parti hanno stipulato un contratto e chi deve eseguire la prestazione non ha correttamente adempiuto.
Si immagini il caso di un paziente che si rechi presso un fisioterapista libero professionista, al quale chieda di ricevere (anche in base a specifica prescrizione medica) un determinato trattamento di riabilitazione. Si immagini che il fisioterapista, nell’esecuzione del trattamento (ossia adempiendo al contratto stipulato), cagioni una lesione al paziente: il paziente agirà nei confronti del fisioterapista chiedendo il risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.
Risulta, invece, più articolata (specialmente in ambito sanitario) la responsabilità extra contrattuale.
In questa ipotesi non vi è alcun vincolo contrattuale tra paziente e fisioterapista. Per rendere il concetto, si immagini il seguente caso, indubbiamente improbabile, ma utile a rendere il concetto: un fisioterapista ha accolto presso il proprio studio un paziente nei cui confronti ha eseguito il trattamento. Al termine del ciclo di terapia, mentre sta riposizionando un attrezzo, urta accidentalmente la persona che accompagnava il paziente la quale cade e riporta una frattura. In questo caso, il fisioterapista risponderà del danno cagionato in via extra contrattuale. Il danneggiato dovrà, dunque, dimostrare l’esistenza di un comportamento doloso o colposo del fisioterapista, il danno subìto e il nesso causale tra il comportamento e il danno.
In realtà, questo tipo di responsabilità, in ambito sanitario, sorge molto più frequentemente nei confronti di professionisti che lavorano come dipendenti di una struttura.
In questi casi, infatti, il paziente stipula un contratto con la struttura sanitaria (ospedale, clinica, ecc.) e non con il singolo professionista che poi concretamente effettuerà la prestazione. Nel caso in cui il fisioterapista arrechi un danno al paziente, quest’ultimo potrà agire contro la struttura in via contrattuale e contro il fisioterapista in via extra contrattuale. Questo, chiaramente, vale anche in caso di teleriabilitazione, a condizione che il paziente abbia stipulato il contratto con la struttura e non direttamente con un fisioterapista libero professionista.
Richiamando gli esempi precedentemente proposti, si pensi al paziente che si rivolge ad una clinica o altra struttura, per fruire di un ciclo di cure riabilitative e, dopo 2 sedute, il fisioterapista riceve disposizione, da parte della struttura, di effettuare la prestazione in favore di quel paziente mediante strumenti telematici. È chiaro che laddove, per esempio, il paziente esegua in modo scorretto l’esercizio proposto dal fisioterapista e si procuri un danno ulteriore, il paziente potrà agire in via contrattuale verso la struttura e in via extra contrattuale verso il fisioterapista.
ATTENZIONE: esiste un orientamento giurisprudenziale che, nel più vasto campo della responsabilità sanitaria, afferma che la responsabilità del singolo professionista sarebbe comunque da ricondurre al tipo “contrattuale” in forza del vincolo derivante dal “contatto sociale”. Il tema è oltremodo articolato e non può essere analizzato ex professo in questa sede, ma è opportuno dare atto che esiste.
Nel 2017, per cercare di contenere l’evoluzione del citato orientamento giurisprudenziale, è stata introdotta una nuova riforma della responsabilità degli esercenti una professione sanitaria (si tratta della legge 8 marzo 2017, n. 24, cosiddetta Legge Gelli-Bianco). Per quanto concerne la responsabilità civile, l’art. 7 della citata legge, prevede che:
1.“La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.
3. L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge.
4. Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria, è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.
5. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile”.
Sintetizzando il disposto normativo, si può affermare che, oggi, la normativa specifica prevede che l’esercente una professione sanitaria (e, quindi, anche un fisioterapista) risponda secondo la responsabilità contrattuale qualora abbia stipulato in modo diretto un contratto con il paziente. Nel caso in cui, invece, il paziente acceda ad una struttura (pubblica o privata), il professionista risponderà solo in via extra contrattuale, poiché la responsabilità contrattuale è sempre e solo in capo alla struttura. Queste disposizioni valgono anche in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito della telemedicina.
LA RESPONSABILITÀ PENALE
La responsabilità penale di un fisioterapista può sorgere in relazione a diverse fattispecie di reato ma, indubbiamente, l’ipotesi statisticamente più probabile è quella delle lesioni personali colpose. Le norme di riferimento sono gli artt. 590 e 590-sexies del Codice Penale.
La prima disposizione prevede che “Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale, è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239”.
La seconda, invece, recentemente introdotta dalla cosiddetta Legge Gelli-Bianco, disciplina in modo specifico la responsabilità penale dell’esercente una professione sanitaria e prevede testualmente: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
Si tratta di responsabilità che, astrattamente, viaggia parallelamente a quella civile. In questo caso, però, il fisioterapista è personalmente responsabile (non si può delegare la responsabilità penale, né esistono coperture assicurative contro il rischio di responsabilità penale) e deve rispondere verso lo Stato per la commissione del reato. Il danneggiato, chiaramente, potrà decidere di far valere la propria pretesa risarcitoria in sede civile o in sede penale (in questo caso costituendosi parte civile).
Il reato di lesioni personali colpose è punito a titolo di colpa: ossia negligenza, imprudenza, imperizia o violazione di leggi, regolamenti, discipline.
Tuttavia, qualora il reato sia commesso nell’esercizio di una professione sanitaria, è esclusa la punibilità del professionista nel caso in cui la lesione sia stata commessa per imperizia (cioè scarsa preparazione professionale), ma siano comunque state osservante le raccomandazioni previste dalla linee guida o, in loro assenza, le buone pratiche clinico-assistenziali (a condizione che le raccomandazioni delle linee guida siano adeguate rispetto allo specifico caso concreto).
LA RESPONSABILITÀ NELLA TELERIABILITAZIONE
Le responsabilità civili e penali erano sussistenti anche prima della teleriabilitazione e, con essa, devono indubbiamente fare i conti.
È ragionevole affermare che non sorgono nuove forme di responsabilità, che restano quelle analizzate (seppur in modo assolutamente sintetico) in precedenza, ma vi sono sicuramente ulteriori e nuove condizioni che possono far sorgere le responsabilità già esistenti in passato.
Gli esempi riportati in precedenza sono emblematici: il fisioterapista era certamente responsabile anche prima per l’eventuale caduta del paziente durante lo svolgimento di un esercizio (ovviamente, ove vi sia una condotta negligente, imprudente, imperita, un inadempimento contrattuale, ecc.). Oggi è aumentata la possibilità che si verifichi questo evento dannoso in quanto, in una sessione di riabilitazione a distanza, il fisioterapista non può in alcun modo intervenire per prevenire o impedire l’evento, né per contenere gli eventuali ulteriori effetti pregiudizievoli (proprio perché non è fisicamente presente).
QUALI FORME DI TUTELA PER IL FISIOTERAPISTA
Come in passato, occorre individuare attentamente gli strumenti che offrono forme di tutela per il fisioterapista che si trovi ad effettuare prestazioni in regime di teleriabilitazione.
La prima questione da affrontare concerne il consenso informato. È chiaro che, anche in una sessione di teleriabilitazione, debba essere previamente chiesto e ottenuto il consenso informato allo specifico trattamento che si va a somministrare.
Questo strumento è fondamentale per instaurare un buon dialogo con il paziente (il quale deve comprendere esattamente quale trattamento dovrà ricevere e, conseguentemente, potrà prestare un reale ed effettivo consenso) e, al contempo, per limitare le ipotesi di responsabilità civile e penale. Nel caso della teleriabilitazione o teleconsulenza fisioterapica, il consenso informato dovrà essere adattato e integrato con l’informazione del rischio specifico connesso a questa modalità di riabilitazione (per esempio, una questione che deve sicuramente essere evidenziata al paziente è che l’assenza fisica del fisioterapista incrementa il rischio di esito sfavorevole o, addirittura, può aumentare il rischio che il paziente riporti lesioni).
La seconda forma di tutela, assolutamente importante e indispensabile, è la prevenzione e la valutazione di potenziali profili di rischio negli esercizi che si intendono proporre.
Occorre avere cura di verificare il più possibile se nell’ambiente in cui il paziente è chiamato a svolgere gli esercizi, ci siano insidie o pericoli nascosti che possono compromettere la riuscita dell’esercizio e la sicurezza del paziente. È indispensabile inoltre sincerarsi delle effettive condizioni di salute del paziente, chiedendo e registrando i dati che vengono riferiti (questo perché non essendoci un contatto diretto, il fisioterapista non è posto nelle condizioni di fare una valutazione precisa del paziente). È fondamentale sincerarsi che il paziente abbia correttamente compreso ogni singolo aspetto dell’esercizio che deve eseguire.
Nel caso in cui il fisioterapista si accorga che il paziente sta eseguendo in modo errato l’esercizio, dovrà invitare il paziente ad interromperlo immediatamente per verificare insieme cosa stava sbagliando.
La terza forma di tutela è quella di seguire scrupolosamente le linee guida e i protocolli sanitari, in special modo quelli (ove esistenti) che si occupano proprio di teleriabilitazione.
Un altro aspetto da ponderare in modo assolutamente accurato, concerne la possibilità di farsi coadiuvare da altri soggetti, presenti nel luogo ove si trova il paziente (per esempio un familiare), al fine di far compiere un esercizio al paziente stesso. In questi casi, tralasciando il rischio di indurre taluno a svolgere una attività di natura sanitaria senza che abbia le specifiche competenze (e, quindi, fargli commettere il reato di esercizio abusivo della professione), il fisioterapista assume interamente su di sé il rischio che quel soggetto esegua una manovra errata o non vigili accuratamente sul paziente e, conseguentemente, risponderà dei danni patiti dal paziente anche se per mano di un terzo soggetto.
Infine, è di fondamentale importanza (oltre che obbligatorio per legge) stipulare una apposita polizza professionale per la responsabilità civile. Indubbiamente, i professionisti che oggi stanno operando sono titolari di una polizza assicurativa. È bene, però, verificare adeguatamente le condizioni contrattuali, poiché potrebbe accadere che i rischi di infortunio al paziente derivanti dallo svolgimento di attività con modalità telematiche non siano compresi all’interno della copertura offerta dall’Istituto assicurativo.
1 Linee di indirizzo consultabili sul sito: http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2129.
2 Il documento è consultabile al seguente link: https://aifi.net/wp-content/uploads/2020/04/Aggiornamento-rimodulazione-interventi-FT-CDAFT-AIFI-20-04-2020-finale.pdf.
Postato il 25 giugno 2020