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Sul quotidiano IL FOGLIO, di martedì 18 febbraio del corrente anno, è stato pubblicato un articolo “bomba”, che accusa di ascientificità, non efficacia e pericolosità l’osteopatia, bollandola, nella sua conclusione, di essere una “pseudoscienza ottocentesca”.
Il titolo: “I pericoli dell’osteopatia. Una pseudoscienza che non cura e che non riguarda solo le malattie delle ossa, ma che può provocare seri danni (come dimostra la storia di Andrea Vianello)”. Gli Autori: Enrico Bucci, Adjunct professor presso la Temple University di Philadelphia e membro del Patto trasversale per la scienza e Salvo Di Grazia, medico chirurgo, divulgatore scientifico noto come “Medbunker”.
Alcuni stralci.
“…L’osteopata per un verso è esposto a tutte le nozioni della medicina moderna, per l’altro verso non ha competenze sulla medicina”…omissis…”Se molti credono che l’osteopatia sia una cura, si sbagliano; e se credono che riguardi solo le malattie delle ossa, si sbagliano ancora.”….
“…Il corpo possiede dei meccanismi di autoregolazione e autoguarigione. Non è il terapeuta che guarisce, ma il suo ruolo è quello di eliminare gli “ostacoli” alle vie di comunicazione del corpo al fine di permettere all’organismo, sfruttando i propri fenomeni di autoregolazione, di raggiungere la guarigione. La struttura e la funzione sono reciprocamente inter-correlate”…..omissis….”….dietro l’uso di terminologia medica (mimesi della pseudomedicina), si nasconde l’idea ascientifica che si debbano in qualche modo “riassettare” le ossa craniche, per apportare benefici di vaghissima natura agli “esseri viventi”, agendo sulla “vitalità dell’organismo”…..omissis…..”Il corpo possiede dei meccanismi di autoregolazione e autoguarigione.”….omissis….”…l’osteopatia appare quindi una pseudoscienza fondata su concetti obsoleti e privi di significato fisiopatologico….”omissis….”…la “vitalità dell’organismo”…..un retaggio del solito vitalismo ottocentesco…..”
“…come ulteriore segno tipico delle pseudomedicine l’idea che tutto sia correggibile con l’osteopatia, senza avere una ben determinata e specifica indicazione o meccanismo di funzionamento…..”
“….se si cerca nel database Cochrane, si ottengono per l’osteopatia tre metanalisi, nelle coliche infantili, nella dismenorrea e nel dolore delle partorienti. In tutti i casi, l’evidenza dell’efficacia manca, per la pessima qualità degli studi disponibili….”….omissis….”Quando gli studi clinici sono di qualità sufficiente, d’altra parte, il risultato indica solidamente l’inefficacia dell’osteopatia….”….omissis….”….ci si chiede se, dopotutto, “l’elefante nella stanza” dell’osteopatia non sia proprio la sua nulla efficacia….”
“…alcune delle manovre praticate dagli osteopati possono essere pericolose, come la manipolazione delle vertebre alla base del collo, quando il terapeuta ruota bruscamente la testa del paziente….”
Articolo che ha fatto inorridire ed andare su tutte le furie i “cultori dell’osteopatia” rappresentati dal Registro degli Osteopati d’Italia (ROI), dall’Associazione Professionale degli Osteopati, dall’Associazione Italiana Scuole di Osteopatia e dalla Federazione Sindacale Italiana Osteopati (Fesios), che hanno prontamente inviato, al quotidiano in oggetto, una risentita e piccata replica (“L’osteopatia é un pericolo e una pseudoscienza? Gli osteopati rispondono al Foglio”) a quanto, secondo loro, oltraggiosamente affermato nel suddetto articolo, elencando una serie di “prove” che, sempre a loro giudizio, smentirebbero, in primo, secondo, terzo e quarto luogo le tesi dei due autori, incoronando l’osteopatia come “scienza al pari di tutte le altre discipline biomediche”.
Alcuni stralci.
In primo luogo “…Nessuna evidenza di efficacia non significa evidenza di non efficacia”….
In secondo luogo “…l’osteopatia gode di una nutrita letteratura scientifica….”….omissis….”Una rapida ricerca bibliografica su Pubmed…restituisce più di 1.500 lavori scientifici sul trattamento osteopatico….che valutano l’efficacia terapeutica dell’osteopatia in diversi contesti clinici…”…omissis…”La “disfunzione somatica”, di competenza esclusivamente osteopatica, è stata codificata nella decima edizione (ICD 10) dell’International Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS – WHO), al Settore XIII (Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo) Codice M99 (Lesioni biomeccaniche non classificate altrove)”.
In terzo luogo “il termine “evidenza”, come nel caso dell’articolo, è spesso utilizzato in modo inappropriato, in quanto non si riferisce alla presenza o meno di studi scientifici, intesa come numerosità degli studi pubblicati in riviste scientifiche, ma alla qualità metodologica con cui questi studi sono stati condotti…..”
In quarto luogo “….l’osteopatia non è una tecnica, ma una professione sanitaria a tutti gli effetti (vedi legge3/2018, ndA). Quando si parla di una singola tecnica, come la manipolazione vertebrale, non si sta parlando di osteopatia, perché essa prevede un proprio ragionamento clinico in seguito al quale si decide quale approccio osteopatico utilizzare in funzione della condizione clinica e della tipologia di paziente che si sta trattando.”
E in conclusione “…Troviamo grave e oltraggioso affermare che l’osteopatia non cura ed è dannosa, proprio perché ad oggi non ci sono evidenze a sostegno di quanto riportato nell’articolo…”.
“Prove” a cui gli Autori dell’articolo hanno immediatamente controreplicato, contestandone l’attendibilità e confermando il loro verdetto, riguardo l’osteopatia, di pratica che “presenta rischi ed è basata su credenze pseudoscientifiche” (in calce a “L’osteopatia é una pseudoscienza? Gli osteopati rispondono al Foglio” ).
Alcuni stralci.
“…Come spesso accade nel campo delle medicine complementari, la ricerca di appigli per definire scientifica una pratica che di scientifico non ha nulla, serve più a confondere che a informare. Gli osteopati scambiano una regolamentazione burocratica con un riconoscimento scientifico, dimenticando di dire, per esempio, che il citato Icd (che per loro rappresenterebbe una sorta di riconoscimento) è un manuale che elenca i codici delle malattie (e delle procedure) a scopo burocratico e che proprio perché le loro presunte disfunzioni non esistono in medicina, colloca le mai dimostrare disfunzioni osteopatiche in una categoria generica, (“Lesioni biomeccaniche, non classificate altrove”)….”.
“…Sostenere inoltre che non è possibile dimostrare gli effetti dell’osteopatia per limiti metodologici, significa ammetterne l’inconsistenza: tutto ciò che non si può dimostrare scientificamente, per definizione, non è scientifico. Se poi gli effetti sono attesi sulla base di una obsoleta teoria vitalistica, al massimo siamo nel paranormale”…omissis….”….in una medicina basata sulle evidenze una pratica deve essere sospesa finché l’evidenza di efficacia clinica non sia stabilita….”
“Quando poi non esiste una prova di efficacia solida, mentre sono documentati dei rischi seri come quello di ictus, una pratica dovrebbe essere abbandonata…”….omissis….”L’osteopatia presenta rischi ed è basata su credenze pseudoscientifiche; non siamo noi a dirlo, ma gli stessi osteopati….”….omissis….”Quando abbiamo messo in discussione pratiche esoteriche quali la terapia craniosacrale e la terapia del campo energetico, ci hanno detto: “dovevamo credere….”.
Prima o poi “i nodi vengono al pettine”, sostiene un noto proverbio. E per l’osteopatia questo primo “pettine” è stato l’ictus, a quanto pare causato, da un sedicente osteopata, al giornalista Andrea Vianello, ex Direttore di RAI3, ictus provocato da manipolazione osteopatica al collo, una vicenda raccontata dalla stessa “vittima” in un suo libro e diventata di (deflagrante) dominio pubblico.
Non entro nel merito della discussione, non ho una preparazione ed una esperienza professionale tali da poterlo fare e me ne guardo bene. Voglio solo, diciamo così, “togliermi un sassolino dalla scarpa”, andando indietro nel tempo, e ricordare un controverso “aspetto normativo” (chiamiamolo così), riguardante l’invenzione, con la legge 3/2018, della professione di osteopata.
Tutto il settore della Riabilitazione, con i Fisioterapisti in testa, ha seguito con perplessità e disappunto, a quei tempi, l’andamento dell’iter legislativo che si è concluso con tale invenzione. L’osteopata diventato così professione sanitaria più per decisione politica che per validazione scientifica, frutto di “contatti” fra le maggiori associazioni rappresentative dei “cultori dell’osteopatia”, l’allora ministra della salute Lorenzin e la maggioranza al governo di quel tempo.
Eccolo “il sassolino”.
Per raggiungere tale scopo, si dovette addirittura modificare la Legge 43 del 2006, “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali”, un caposaldo normativo delle Professioni Sanitarie.
L’ostacolo era rappresentato dal comma 3 dell’art. 5, riguardante “L’individuazione di nuove professioni sanitarie”, che così recitava:
3. L’individuazione È SUBORDINATA ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite Commissioni, operanti nell’ambito del Consiglio Superiore di Sanità, di volta in volta nominate dal ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal ministero della salute e dalla conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i rappresentanti degli Ordini delle professioni di cui all’articolo 1, comma 1, senza oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, la partecipazione alle suddette Commissioni non comporta la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.
Articolo 5, che è stato così “opportunamente” riformulato dalla legge 3/2018:
Modifica dell’articolo 5 della legge 1º febbraio 2006, n. 43
1. L’articolo 5 della legge 1º febbraio 2006, n. 43, e’ sostituito dal seguente:
«Art. 5 (Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie). – 1. L’individuazione di nuove professioni sanitarie da comprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive dell’Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovino rispondenza in professioni già’ riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento. A tal fine, le associazioni interessate inviano istanza motivata al Ministero della salute, che si pronuncia entro i successivi sei mesi e, in caso di valutazione positiva, attiva la procedura di cui al comma 2.
2. L’istituzione di nuove professioni sanitarie é effettuata, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla presente legge, PREVIO parere tecnico-scientifico del Consiglio Superiore di Sanità, mediante uno o più’ accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
“Opportunamente”, dalla nuova stesura vennero tolti, dalle Commissioni nominate dal Ministero per esprimere un “parere tecnico-scientifico” riguardo nuove professioni sanitarie da istituire, “…i rappresentanti degli Ordini delle professioni di cui all’art. 1, comma 1” della legge 43. Nel caso della professione dell’osteopata, si ebbe così la possibilità di togliere di mezzo i rappresentanti dei Fisioterapisti, che, ovviamente, avrebbero avuto molto da obiettare, riguardo tale individuazione, mentre vennero introdotte le “associazioni rappresentative di coloro che intendevano ottenere tale riconoscimento”….è stato come battere un rigore dopo aver fatto accomodare il portiere avversario a bordo campo.
Altrettanto “opportunamente”, mentre nella versione originale del citato comma 3 dell’art. 5, l’individuazione di una nuova professione sanitaria era SUBORDINATA a detto parere (e, pare, chiaramente, era da intendersi nel senso di VINCOLATA), nella nuova versione il parere è stato, come detto, opportunamente “annacquato” in PREVIO, a semplice “condizione o atto burocratico preliminare indispensabile da effettuare”, normativamente svuotandolo di valore vincolante (anche se ci fu un tentativo, in Aula alla Camera, in fase di approvazione della Legge, di reintrodurre, con un corretto emendamento, tale subordinazione, emendamento naturalmente bocciato). Nell’art. 7 della 3/2018 istitutivo della professione dell’osteopata e del chiropratico quel PREVIO diventa ACQUISITO, ma la sostanza non cambia. Nulla di preciso ancora si sa (se non voci e illazioni, tranne che, penso, per i diretti interessati), riguardo i contenuti del Decreto ministeriale istitutivo della professione: ambito di attività, funzioni caratterizzanti, criteri di valutazione dell’esperienza, riconoscimento dei titoli equipollenti…..
Sembrerebbe che, a proposito dell’invenzione della professione sanitaria di osteopata, ci sia stata una notevole lungimiranza e previdenza; sembrerebbe che chi l’ha decisa si sia, a suo tempo, “opportunamente” premunito (forse perché assalito da qualche dubbio, riguardo la sua scientificità), di tutelare l’obiettivo dal rischio di possibili bocciature istituzionali, così che, quand’anche una stroncatura documentata, simile a quella contenuta nell’articolo del Foglio a firma del Prof. Enrico Bucci e del Dott. Salvo di Grazia, fosse arrivata al “pettine” rappresentato dal Consiglio Superiore di Sanità, avrebbe avuto il valore….del due di picche.
A quando il prossimo “pettine”?
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