“Repetita iuvant”….anche per noi…
Sta suscitando notevole irritazione e indignazione (e non solo fra i Fisioterapisti), la recente Sentenza del Consiglio di Stato, la n. 1132 del 2023, che ha accolto un ricorso del SIMMFIR, il Sindacato dei medici fisiatri, per l’annullamento della Delibera del DG n. 1057/2019 dell’AUSL Toscana Centro, sul Progetto di sperimentazione del modello assistenziale “Fisioterapista di Comunità”.
Il SIMMFIR ha impugnato la Delibera in oggetto, adducendo, come pretesto, la “mancata centralità del medico fisiatra” nel Progetto e adombrando addirittura la “presunta istituzione di una nuova figura sanitaria”.
Scandalosamente, la Sentenza in oggetto conclude che “…il ricorso debba essere accolto nella misura in cui il tenore della Delibera possa consentire l’attribuzione di un ruolo AUTONOMO e non ESECUTIVO di indicazioni mediche...”….al Fisioterapista.
In altre parole, il SIMMFIR contesta, alla Delibera, la “violazione di asseriti diritti dello specialista” (che sarebbe ovviamente il fisiatra), a loro dire, “indispensabili e intoccabili”, un vero e proprio “dogma”, che deve sempre stare alla base del nostro agire da Fisioterapisti in Riabilitazione.
Sentenza emessa dal Consiglio di Stato, dopo aver richiesto e ricevuto un “competente” (eufemismo) parere, da parte del dott. Andrea Urbani, ex Direttore Generale della Direzione Generale della Programmazione del Ministero della Salute, dimessosi, nel 2022, da tale incarico, che ricopriva dal 2017.
Una Sentenza che vorrebbe riportare indietro di quasi 30 anni le nostre competenze e la nostra autonomia, faticosamente ottenute e ormai chiaramente normate (Profilo del Fisioterapista DM 741/1994, Legge 42/99, Legge 251/2000, Legge 24/2017, Legge 3/2018).
Una Sentenza anacronistica, che ripropone un ruolo ancillare del Fisioterapista nei confronti del fisiatra: loro la “mente”, noi il “braccio” che esegue, quasi “servi della gleba” della Fisioterapia; una ormai ridicola, arrogante e fuori dal tempo visione medicocentrica della Riabilitazione.
Al fine, così, di richiamare alla realtà gli attuali nostalgici “signorotti” di medievale memoria, ma anche per ricordarci le nostre prerogative professionali, si ripropongono, a chiarimento e integrazione di queste note, alcuni illuminanti stralci, tratti da un articolo, a firma del compianto amico Giurista Luca Benci, pubblicato, nell’ormai lontano 2012, sul numero di marzo/aprile di “Riabilitazione Oggi”, storica testata di settore, e poi riproposto su www.riabilitazioneinfo.it (qui la versione integrale).
Articolo pubblicato, a quel tempo, a commento della Sentenza del TAR del Lazio n.1704/2012, (poi confermata dalla Sentenza del Consiglio di Stato n. 111/2021) che aveva respinto un ricorso della SIMFER e del SIMMFIR, presentato contro il D.Lgs. 3 ottobre 2009 n. 153, attuativo della presenza del Fisioterapista in Farmacia.
Romualdo Carini
Fisioterapista e Giornalista Pubblicista
Responsabile Blog
P. S. – Auguri di buon lavoro al riguardo, per il nostro Ordine.
Centralità del medico fisiatra: “…ruolo aggiuntivo, costruito talvolta artificiosamente in modo surrettizio…” di Luca Benci – Giurista – Esperto di Diritto Sanitario e delle Professioni Sanitarie
…..omissis….
LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO
La Simfer si è rivolta al Tar del Lazio deducendo l’illegittimità del decreto attuativo sotto molteplici profili. Ne evidenziamo due:
a) l’immissione di fisioterapisti in farmacia determinerebbe la trasformazione della farmacia in ambulatorio o in un poliambulatorio, senza le necessarie autorizzazioni e senza i necessari controlli;
b) in tali luoghi deve essere prevista necessariamente la figura del medico specialista, o quanto meno il “costante controllo” in tutti i luoghi dove il fisioterapista svolge la propria attività professionale, sia in farmacia che a domicilio.
Non del tutto esattamente il TAR specifica che le prestazioni del fisioterapista in farmacia possono avvenire nel concorso di tre condizioni: che si tratti di prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, che siano prescritte dal medico di medicina generale e che tali prestazioni rientrino nelle competenze del profilo professionale del fisioterapista.
…..omissis…..
Nel merito, secondo l’associazione dei fisiatri ricorrente, si chiede l’annullamento della parte del decreto che non prevede la presenza costante del medico specialista durante le prestazioni erogate dai fisioterapisti.
Correttamente il TAR del Lazio ricorda che l’annullamento di un atto amministrativo può avvenire solo in presenza di norme giuridiche di carattere superiore e che devono essere indicate nel ricorso (e che non sono state allegate). Non sono state allegate “per la semplice ragione che non esistono”.
Prosegue la motivazione della sentenza del giudice amministrativo che: “non esiste infatti una norma che imponga al fisioterapista, allorché eroga prestazioni rientranti nella propria competenza, di agire alla presenza o quanto meno sotto il controllo dello specialista”.
Rettamente, affermano i giudici amministrativi, che non sussiste l’obbligo, nell’ordinamento giuridico italiano, di norme invocate, così anacronistiche da essere tali anche nel periodo pre-riforma legge 23 febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”.
Un simile obbligo era inesistente anche qualche decennio orsono. Evitiamo di citare anche altre norme che hanno conferito autonomia a tutto il settore delle professioni sanitarie perché, a questo punto, decisamente sovrabbondanti.
Quali siano i motivi che hanno spinto la Simfer a un ricorso al giudice amministrativo così palesemente suicida non è dato capire.
Possiamo capire (pur non condividendola) la richiesta – tutta di politica professionale – tendente ad affermare una centralità medico-specialistica nel settore della riabilitazione, che nei servizi, di fatto, diventa sempre meno centrale, ma la presenza diretta della specialista alle attività di riabilitazione dimostra una miopia politico-istituzionale fuori dal normale.
Il giudice amministrativo si è trovato costretto, in modo assolutamente didascalico, a spiegare ai ricorrenti il ruolo del medico di medicina generale all’interno del sistema prescrittivo del Servizio sanitario nazionale. Spetta a lui l’attivazione dello specialista, quando ritiene che dello specialista ci sia bisogno all’interno di un qualsivoglia tipo di percorso diagnostico-terapeutico. Altrimenti provvede direttamente attivando le relative professionalità.
Nel percorso previsto dalla “farmacia dei servizi”, ci ricorda il TAR del Lazio, il medico specialista (fisiatra) “è del tutto estraneo alla vicenda” come del resto può esserlo in molti percorsi in cui non è richiesta la sua professionalità.
Piuttosto possono essere messe in discussione molte prassi, presenti in alcune organizzazioni, che hanno costruito il ruolo del fisiatra come centrale all’interno dei percorsi, indipendentemente dalla necessità del suo apporto professionale. Un ruolo aggiuntivo, costruito talvolta artificiosamente in modo surrettizio, teso a creare un modello di organizzazione che ha più l’obiettivo di creare un ruolo al fisiatra, che non a rispondere ai bisogni del cittadino-utente.
…..omissis…..
Il medico specialista, sottolinea il TAR del Lazio, non ha “alcun titolo a imporre la sua presenza” laddove altri professionisti – in questo caso i medici di medicina generale – possono fronteggiare da soli.
Duplicare le figure mediche, in questo caso, come del resto, in altri casi, comporta solo un dispendio per l’erario che non può essere giustificato soltanto “per assicurare nuove occasioni di lavoro allo specialista in riabilitazione”.
Le ragioni addotte dai fisiatri, chiosa il giudice amministrativo, “trascurano i dati fondamentali del sistema e sollevano problematiche del tutto ininfluenti rispetto all’obiettivo perseguito”. Affermazione del tutto condivisibile, che dovrebbe assurgere a principio generale di funzionamento del sistema e che spesso, invece, viene violato.
Altro principio fissato dalla sentenza in esame, è relativo alla supposta sovrapponibilità delle funzioni del fisioterapista rispetto a quelle del fisiatra, che il Tar correttamente evidenzia come diverse, arrivando ad affermare, anche duramente, che “sulla base di un calcolo di convenienza economica, lo specialista svolga nel suo studio o nell’ambulatorio, medico nel quale presa servizio anche le minori prestazioni e che la normativa vigente assegna ai fisioterapisti e che non richiedono il bagaglio di conoscenze ed esperienze professionali del fisiatra, è questione ininfluente in sede di verifica della legittimità della norma in esame”.
Ammonisce quindi il giudice amministrativo che se il fisiatra, di fatto, vuol invadere il campo del fisioterapista, non può invocare misure a sua protezione per meri “calcoli di convenienza economica”.
Ancora più risibile, infine, è la richiesta di trasformare la farmacia in un ambulatorio con tanto di direzione sanitaria da affidarsi a un fisiatra. Questo argomento, definito nella sentenza “di ancor minore consistenza”, è “privo di qualsiasi dimostrazione di fatto e di diritto” in quanto, nota il TAR, se l’elemento rilevante per l’assegnazione di direttore sanitario dell’ambulatorio è la specializzazione, bisognerebbe provvedere alla nomina di tanti direttori sanitari quante sono le materie specialistiche in esso trattate”. Argomento, dunque, pretestuoso anche questo.
E’ una sentenza importante, perché costruisce correttamente in primo luogo il rapporto tra medico generico e medico specialista e in secondo luogo il rapporto tra prescrizione medica e intervento del fisioterapista.
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Postato il 31 ottobre 2023