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Il 28 gennaio scorso si è tenuta una diretta streaming, in cui è stato presentato il possibile percorso di studi della neonata professione sanitaria (per grazia ricevuta) dell’osteopata.
Percorso frutto della ricerca, condotta al riguardo, dal Cergas-Sda Bocconi con il contributo del Registro Osteopati Italiani (ROI).
Diretta streaming a cui hanno partecipato, oltre ad alcuni ricercatori del Cergas-Sda Bocconi, anche rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni di categoria degli osteopati.
Era presente anche il Presidente Nazionale dell’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica-Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione (TSRM-PSTRP) Alessandro Beux.
Diamo spazio, a caldo, per promuovere un eventuale dibattito, ad alcune considerazioni, a proposito di quanto è stato prospettato per tale formazione, considerazioni pervenute dal collega Gianni Cavinato, Presidente del Registro Nazionale delle Professioni Sanitarie (RIR).
Ft. Romualdo Carini
Fisioterapista e Giornalista Pubblicista
Responsabile Blog
L’Osteopatia in Italia sta percorrendo l’iter per la realizzazione del percorso di formazione universitaria che, è bene sottolineare, non esiste ancora.
Dalla diretta streaming del 28 gennaio scorso (Roma), in cui sono stati presentati i risultati della ricerca del Cergas-Sda Bocconi sulla “formazione universitaria in osteopatia”, si apprende che le linee di realizzazione di questo percorso intendono orientarsi da un lato in riferimento al percorso più affine, quello della Fisioterapia, e dall’altro in riferimento a quello delle professioni sanitarie del Regno Unito (UK). Un confronto che dovrebbe intercettare la rivoluzione dell’attuale impianto formativo per tutte le formazioni sanitarie triennali, inserendo percorsi di specializzazione/specialistica veri, professionalizzanti, legati alla progressione di livello e stipendio/corrispettivo. Un nuovo percorso formativo che deve prevedere degli indirizzi specialistici tematici in cui possa trovare posto la formazione di personale sanitario in ambito specialistico; professionisti che, come in UK per i Fisioterapisti, potranno:
- Sostituirsi al medico nel triage per problematiche muscolo scheletriche nei Pronto Soccorso e nell’accoglienza dei pazienti in studio. Un aspetto che vedrebbe delle indubbie e pratiche ricadute nell’alleggerire il lavoro dei medici di PS e di Base. Una professione sanitaria di primo contatto.
- Provvedere alla prescrizione di esami diagnostici.
- Avere la possibilità di somministrare infiltrazioni e alcuni tipi di farmaci.
- Avere la possibilità di prescrivere determinati tipi di farmaci.
- Sottoporre il paziente ad esame ecografico diagnostico.
- Prendersi cura autonomamente di pazienti con quadri clinici complessi.
In breve: una tale innovazione e trasformazione dell’impianto formativo universitario delle attuali lauree sanitarie triennali, per il Fisioterapista sarebbe assolutamente auspicabile e si realizzerebbe con un iter di laurea di 5 anni, con percorsi di master e specializzazione, post laurea, nelle diverse aree sanitarie specialistiche di competenza. Non è più possibile mantenere nella genericità professionisti sanitari con decennale esperienza e specializzazione, considerandoli al pari del neolaureato nel computo delle competenze e senza possibilità di crescita ed evoluzione, sia dei ruoli/competenze/responsabilità/autonomia, che della remunerazione che, ad oggi, non trova sostanziali differenze con ruoli sanitari di base per cui viene richiesta la licenza media ed un corso di formazione non universitario di qualche mese.
L’accuratezza espositiva di quanto viene proposto per la nuova figura sanitaria dell’osteopata, tuttavia non si è, stranamente, soffermata sull’aspetto pratico del loro nuovo profilo professionale, cioè sul fatto che trattasi di professione limitata alla prevenzione e non all’intervento sugli stati patologici e post intervento chirurgico nelle diverse articolazioni dell’area medica di tipo curativo e riabilitativo.
Rimangono con evidenza enormi incertezze e indefinitezze, nei confronti di tutti quegli elementi che determinerebbero, proprio per maggiore affinità, condizioni di sconfinamento e sovrapposizione a danno delle competenze e attività proprie del Fisioterapista, determinando, quindi, una parcellizzazione delle medesime, tutto in netta e fattuale contravvenzione alle leggi e norme di riferimento.
Non possiamo pensare, concepire ed accettare, la possibilità che l’osteopata definisca in modo diverso, anche “allegorico”, un’attività specifica e del tutto riconducibile e sovrapponibile a quella della Fisioterapista a cui, si sottolinea, compete, da profilo professionale, anche la “prevenzione”.
Ci sovviene una naturale considerazione: “per quale motivo, a livello politico e ministeriale, non si è considerata la possibilità di realizzare una riforma delle Professioni Sanitarie, ad esempio, su modello inglese, inserendo l’osteopatia come un percorso di specializzazione post laurea con aggiunti eventuali master tematici?”
Tenendo anche conto che, ad oggi, ci sono circa 15.000 “osteopati”, che si qualificano tali, privi di titoli sanitari: un aspetto questo non emerso nel convegno; “osteopati” che rappresentano di fatto un’attività sanitaria svolta da soggetti privi di requisiti formativi istituzionalmente normati a garanzia della tutela della salute dei cittadini ed in palese e tollerata contravvenzione ad ogni genere di legge.
Un’ultima considerazione: come mai, a questa iniziativa online, non è stato invitato il Dott. Piero Ferrante, Presidente della Commissione Nazionale d’Albo (CNA) dei Fisioterapisti, la professione sanitaria più affine all’osteopatia, CNA maggiormente coinvolta nel garantire la tutela e la salvaguardia dei propri iscritti?
Postato il 2 febbraio 2021