8 settembre 2020
GIORNATA MONDIALE DELLA FISIOTERAPIA
Ha suscitato un certo clamore e naturalmente notevole interesse, una Sentenza del 2018 (la n. 16399) della Suprema Corte di Cassazione, circolata qualche settimana fa sui social, riguardante la conferma di sequestro preventivo (locali, attrezzature, lettini, lampade a infrarossi ed ultrasuoni) stabilito a suo tempo da un Giudice nei confronti di un Centro sportivo di Trapani, causa “esercizio abusivo di professione sanitaria”. Sentenza che ritengo meriti un approfondimento.
La tenutaria del Centro, infatti, qualificatasi davanti al Giudice come “massofisioterapista”, svolgeva e faceva svolgere nella Struttura, attività di competenza della professione di Fisioterapista, senza avere l’equipollenza al titolo.
“Repetita iuvant” e, in questa occasione, i “Repetita” sono arrivati non dai TAR o dal Consiglio di Stato, ma dalla Suprema Corte di Cassazione.
E’ una sentenza datata 12 aprile 2018, che va a fare compagnia ad altre, in tema, di anni precedenti, ma il riproporla ora all’attenzione del settore da parte di chi l’ha rispolverata, vuole senz’altro preludere alla “campagna di pulizia e sanificazione” dagli abusivi della nostra professione che, ormai chiuse le iscrizioni ai discutibili (eufemismo) elenchi speciali, ci si augura possa cominciare in autunno, con il contributo della Categoria e delle Istituzioni (leggasi Ordine TSRM-PSTRP soprattutto, NAS, Assessorati, Ministero, Procure).
Analizzando l’episodio di “esercizio abusivo di professione sanitaria” accaduto a Trapani, risulta che, dopo aver ricevuto dal Giudice l’ordinanza di sequestro preventivo citata, ulteriormente confermata dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), la “massofisioterapista” tenutaria del Centro aveva presentato ricorso in Cassazione, perché, secondo lei, nella sua Struttura l’attività professionale in essa svolta non avrebbe violato l’art. 348 del Codice Penale (come recentemente modificato dall’ art. 12 della legge 3/2018), in quanto si sarebbe trattato di attività “rientrante nelle proprie competenze di riabilitazione, ricomprese dal titolo triennale di cui era in possesso e dal quale sarebbero state escluse unicamente le prestazioni di tipo neuromotorio e neuropsichiatrico”.
Titolo triennale che però, si evince sempre dalla Sentenza, è stato conseguito dall’interessata dopo il 1999, per cui più che titolo di “massofisioterapista”, tratterebbesi di titolo di “operatore di interesse sanitario”, come stabilito per i post ’99 dalla sentenza n.3325/2013 del Consiglio di Stato (CdS).
E quali “competenze di riabilitazione” poteva accampare se, sempre da Sentenza CdS citata, in tale operatore possono “trovare posto attività di interesse sanitario sprovviste delle caratteristiche della professione sanitaria in senso proprio, che si connotano per la mancanza di autonomia professionale ed alle quali corrisponde una formazione di livello inferiore”?
Un “operatore sanitario” che, quindi, non è professione sanitaria, non ha una professione sanitaria di riferimento, non ha un profilo, non ha una legge di riferimento…
La Suprema Corte di Cassazione, ha così riconosciuto l’esistenza di gravi indizi, in relazione al reato di esercizio abusivo di professione sanitaria della tenutaria del Centro in questione, alla luce del “mancato riconoscimento dell’equipollenza fra il titolo professionale di fisioterapista e il titolo di massofisioterapista”: un “operatore di interesse sanitario” non può avere le competenze di un fisioterapista.
Ora, è convincimento diffuso che una Sentenza della Suprema Corte di Cassazione abbia valore di Legge dello Stato, ma non è così!
La Suprema Corte di Cassazione rappresenta sì il “top of the top”, letteralmente “la parte superiore della parte superiore” del nostro sistema giurisdizionale, però….
Basta una rapida ricerca, fatta anche da profani, nei siti che trattano di Giurisprudenza, per scoprire che le Sentenze, da qualunque Organo vengano emesse, non possono valere come Leggi, tranne quelle della Corte Costituzionale, la sola che ha il potere di abrogare le Leggi vigenti. Vale per le Sentenze dei TAR, del Consiglio di Stato ed anche per quelle della Suprema Corte di Cassazione.
Le Leggi sono gli strumenti utilizzati dallo Stato per regolare la vita sociale e possono essere promulgate solo dal Parlamento. Hanno una valenza astratta e generale.
Le Sentenze sono invece delle applicazioni di tali Leggi ad un fatto concreto; analizzano un fatto accaduto, lo passano al vaglio e stabiliscono se ad esso sono applicabili le Leggi che lo possono riguardare.
Una Sentenza della Suprema Corte di Cassazione non può quindi valere come una Legge; essendo però, tale Corte, come accennato, la “parte superiore della parte superiore” del nostro sistema giurisdizionale, le sue “pronunce” costituiscono autorevoli fonti da citare davanti a un Giudice.
Il Giudice comunque, per quanto sopra esposto, non è detto che sia costretto a tenerne conto, con riferimento ai fatti contingenti su cui è chiamato ad esprimersi, ma ignorarle “a prescindere”, potrebbe indurre una delle parti in causa, se insoddisfatta della Sentenza, a presentare un nuovo ricorso al riguardo….e finire di nuovo in Cassazione.
Però…..
Esiste anche una “differenza di autorevolezza” fra le Sentenze della Suprema Corte di Cassazione. Se la Sentenza è emessa da una specifica Sezione della Corte (nel nostro caso la VI penale), si parla di Sentenze “standard”. Se invece la Suprema Corte di Cassazione emette una Sentenza, riguardo un determinato caso, a “Sezioni Unite”, esercita in pratica una delle funzioni essenziali che le sono attribuite, la nomofilachia, che, detto in parole povere, consiste nell’”uniformare il Diritto”, cioé indicare, alle altre Autorità Giurisdizionali (Procure, TAR, CdS), come deve essere interpretata una Legge, da quel momento in poi, per quei casi in futuro.
Ma (e questo è interessante) l’”uniformità del Diritto” può essere stabilita, dalla Suprema Corte di Cassazione, non solo a Sezioni Unite, ma anche per altra via: attraverso pronunce emesse sì da Sezioni diverse, ma “a maggioranza”.
Sentenze di Sezioni diverse, ma che applicano una determinata Legge sempre nello stesso modo: in parole povere, applicare una norma, riferita a casi identici, sempre in un determinato modo tante volte, rende “Legge” tale applicazione e tale applicazione “uniforme” varrà per i casi futuri. Repetita iuvant…..et conformant…
FISIOTERAPIA
……e la vita si rimette in movimento…..
…..se ti metti nelle mani “giuste”…..
Postato l’8 settembre 2020