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Presentazione e note su Paul Ingraham
Lo stretching: effetti … stiracchiati
La scienza ci dice che lo stretching non ottiene molti dei benefici che gli si attribuiscono
di PAUL INGRAHAM
Traduzione a cura di Gianantonio Spagnolin – Dottore in Fisioterapia
Unità Spinale di Sondalo (SO) – Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) della Valtellina e dell’Alto Lario
Aggiornato il 1 giugno 2015
Da Paul Ingraham, Vancouver, Canada
Fare stretching è un rituale piacevole e rassicurante per molte persone, incluso il sottoscritto. È semplice, fa sentire bene, e crediamo – o almeno speriamo – che ci migliori. Ma per molte persone, siano esse atleti o poltroni, lo stretching è anche una scocciatura: qualcosa che si sentono in dovere di fare e che perciò pesa.
Non è che tutta questa gente si stia dando da fare per niente? Pare proprio di sì. La loro fiducia nel valore dello stretching è malriposta? Ho paura di sì. Questo articolo prova a fare il processo scientifico allo stretching nei dettagli, e mette in discussione molte idee comuni in proposito.
Faccio stretching un giorno sì e uno no: agli ischiocrurali, agli estensori lombari, e con sollievo particolare alla muscolatura glutea profonda. Ma non credo che questa abitudine faccia per me molto più di una bella grattatina alla schiena. Sono rigido come un bastone e pieno di “nodi” come sono sempre stato, ne più ne meno. Con o senza stretching, le mie prestazioni sportive sono le stesse – a volte quasi decenti! Divento indolenzito allo stesso modo, che faccia stretching o no. E difficilmente sono l’unico a notare che lo stretching potrebbe non avere tutto quel grande effetto che gli si attribuisce…
I corridori che fanno stretching si fanno male più spesso,
e quando smettono di farlo gli infortuni spariscono
Com’è che molti Kenioti non fanno stretching? Perché il leggendario allenatore Arthur Lydiard non era un fan dello stretching? Perché Galloway dice che “nella mia esperienza, i corridori che fanno stretching si fanno male più spesso, e quando smettono di farlo gli infortuni spariscono”?
Bob Cooper,
Runner’s World Magazine1
Che articolo intelligente: era ora che qualcuno mettesse a nudo il mito dello stretching! 40 anni fa, quando ero uno scolaro in Sudafrica, ricordo che mi dicevano sempre che dovevo correre lentamente per scaldarmi prima di giocare a rugby, calcio o cricket, ma nessuno parlava di stretching; sono rimasto disorientato nel vedere nascere il dogma dello stretching. Come maratoneta e come terapeuta di pazienti con lesioni da sport, non ho mai capito come cavolo facesse lo stretching di muscoli, legamenti nervi a portare il benché minimo beneficio, e sono stato qualche volta guardato con occhio ostile quando ho suggerito questo a miei pazienti.
Peter Houghton, Medico, Vancouver (feedback di un lettore)
Sono un arbitro di calcio, e quasi per caso ho cominciato a sostituire lo stretching pre-partita con quello che chiami “mobilizzazione”: ho trovato che fa un ottimo lavoro di stimolazione muscolare, mentre dopo il solo stretching mi sento “duro” per i primi minuti. Poi ho letto l’articolo, che corrobora ciò che ho verificato in pratica!
Carlos Di Stefano, arbitro di calcio (feedback di un lettore)
I PARTe
I PARTE
INTRODUZIONE
Non c’è “verità” circa lo stretching
È un soggetto troppo complicato. Ci sono troppi misteri nella fisiologia del muscolo e del connettivo, troppi diversi metodi di stretching, troppi obiettivi e troppo vaghi e sovrapponibili, perché sia possibile stabilire che lo stretching funziona o non funziona. Che tipo di stretching? Per che scopo? Per ogni risposta nascono dieci altre domande e per ogni assunto c’è una scelta di eccezioni.
Tuttavia, molta ricerca attuale ci dice che lo stretching come lo conosciamo – il tipico stretching che si fa in palestra o sui campi sportivi – è in gran parte una perdita di tempo perlomeno per gli obiettivi più comunemente individuati. Per esempio, articoli pubblicati di recente, rivedendo centinaia di studi, hanno concluso che non ci sono molte prove che una qualche forma di stretching diffusa prevenga infortuni o indolenzimenti muscolari2,3 probabilmente lo scopo più comune per cui si fa stretching. Ad aggiungere credibilità a queste revisioni è comparso, nel 2000, uno studio clinico di notevole portata, su centinaia di soldati, che non mostrò alcun beneficio dello stretching, anzi: qualche rischio4. Alcune di queste evidenze, insieme ad altre simili, sono riassunte elegantemente in un recente programma della CBC “Radio One science show” (vedi Exorcizing Myths about Exercise).
Preparatori atletici, allenatori ed operatori sanitari, stanno cominciando a fare raccomandazioni basate sull’evidenza scientifica, o almeno che abbiano una solida spiegazione fisiologica, … e lo stretching non ha retto a questo rigore. Né è nuova l’idea che lo stretching non sia poi così utile. Consideriamo questo passaggio di 33 anni fa, scritto da David Moorcroft, un mezzofondista britannico che ha detenuto anche il record dei 5.000 metri5:
Impilati in un angolo dell’ufficio di Anderson [l’allenatore di Moorcroft] si vedono fascicoli di riviste scientifiche. “Ho tentato di interpretare le conoscenze dei migliori fisiologi e tradurle in provvedimenti pratici sensati”, dice Anderson. “Questo mi ha reso radicale. Abbiamo capovolto alcune vacche sacre dell’allenamento”. Una di queste è lo sretching, che la maggior parte dei corridori fa. “È spazzatura”, dice. “L’idea che arrivando a toccarti le dita dei piedi i tuoi ischiocrurali si allunghino è sbagliata. Lo stretching come questo è un’abilità che non influisce sulla corsa. David ha bisogno di flessibilità e libertà di movimento, ma il tipo giusto di stretching per lui è correre veloce.”
Il recordman mondiale mostra la sua flessibilità cercando di toccare le dita dei piedi con le mani: arriva poco più giù del ginocchio.
‘What Made Him Go So Wonderfully Mad?’ So Inquired a friend of David Moorcroft after the Briton broke the world 5,000 record in an amazing performance, Moore (Sportsillustrated.cnn.com)
Ma allora, perché la gente fa stretching?
Perché la gente fa stretching: i cinque motivi “noti”
Quando glielo si chiede, molti entusiasti occasionali dello stretching – e anche molti niente affatto occasionali – fanno effettivamente fatica a spiegare perché fanno stretching. Tutti “sanno” che è una buona cosa, ma non hanno mai riflettuto sul perché. È un dogma, praticamente una religione. “Le credenze sulla flessibilità e sui modi ottimali per fare stretching sono nate da assunti che non sono mai stati testati e dallo zelo quasi religioso di pochi adepti convinti dei suoi benefici.” (Sands) Quando si insiste a chiedergli le ragioni, la maggior parte delle persone tira fuori alcuni prevedibili obiettivi. Ecco i 4 obiettivi sperati dello stretching che sento ogni giorno6:
- Riscaldarsi prima dell’attività sportiva
- Prevenire gli infortuni
- Prevenire l’indolenzimento muscolare dopo l’esercizio
- Guadagnare flessibilità7
E talvolta sento anche:
- Migliorare la prestazione (soprattutto gli scattisti)
Ecco un’idea folle: provate a leggere questo articolo prima di lamentarvi del suo contenuto.
Da quando l’articolo è stato pubblicato, nel 2000, ho ricevuto centinaia di mail come questa: Come ti viene in mente che lo stretching sia inutile? Malvagio! Demonio! Sei il tipo che odia i bambini! Come riesci a dormire la notte?
Ma io non dico che lo stretching è inutile! Lo giuro. Dico che fare stretching è inutile solo per questi scopi, che sono i motivi comuni per cui la gente lo fa. Ci sono degli scopi per cui lo stretching è probabilmente utile, e ne parlo. Qui. In questo articolo. Anche nel paragrafo qui sotto. Cosa che la gente saprebbe se leggesse prima di mandarmi messaggi cattivi.
Con tutti questi obiettivi dello stretching – in parte sovrapponibili – ci sono seri problemi.
O si sono da tempo dimostrati impossibili8, o non hanno una spiegazione ragionevole e ben espressa, o entrambi…o peggio. Fare stretching per queste ragioni è probabilmente una perdita di tempo. Altre ragioni sono altra faccenda, ma la loro importanza è ridotta dalla loro rarità: non importa molto per questo articolo se lo stretching risolve qualche altro problema che non riguarda quasi nessuno.
Un buon esempio di un altro obiettivo dello stretching è il trattamento del dolore muscolare, ed è citato quasi abbastanza spesso da poter entrare nella lista sopra. Alcuni terapisti (e qualche persona comune eccezionalmente ben informata) suggeriscono che lo stretching sia indicato per alleviare la rigidità e il fastidio causati da “nodi” muscolari (trigger points).
Io stesso l’ho suggerito qualche volta, e ci sono ragioni per credere che possa avere effetti benefici. Ma ci sono riserve notevoli: 1) malgrado ipotesi scientifiche interessanti, non è ancora chiaro se i trigger point sono una cosa “reale”9, 2) anche se lo sono, esistono ancora grandi problemi teorici e pratici, e l’auto-stretching è quasi certamente un modo impreciso, inefficace e inaffidabile di alleviare i trigger points10, e 3) tentare di stirare un tessuto dolente può sicuramente essere controindicato11. Questo argomento è affrontato molto più in dettaglio in un importante articolo legato a questo, Stretching for Trigger Points. Il presente articolo si preoccupa solo di esaminare i motivi usuali per cui le persone fanno stretching, e non usi terapeutici più circoscritti.
Lo stretching è piacevole, naturalmente, e su questo punto tornerò più tardi. Ma questa non è quasi mai la ragione che le persone adducono per fare stretching.
Murmel the bunny yawning and stretching 0:17
Io faccio stretching perché è piacevole. Appena due secondi in un verso e due secondi nel verso opposto, e sono pronto a saltare. Ma senza strafare! Tenere lo stiramento a lungo è sopravvalutato!
Tipi di stretching (non solo quello statico)
Questo articolo, sia ben chiaro, non tratta solo le manchevolezze dello stretching “statico”.
Molti odierni propugnatori dello stretching, non aspettano che di criticare il semplice stretching “di vecchia scuola”: cioè, allungare un muscolo e tenerlo allungato per un po’. Sono contenti di criticarlo perché hanno deciso che qualche altro metodo effettivamente funziona, e quindi si superano i problemi di cui abbiamo parlato qui. E insomma, adesso mi tocca ascoltare un sacco di reazioni come questa:
Ah, certo, lo stretching statico è inutile, vabbè, si sa, bla, bla, bla. Ma lo stretching avanzato secondo il metodo X è così fantastico che non solo fa tutto quello che speravi facesse lo stretching statico, ma ti farà raggiungere i tuoi obiettivi sportivi, curerà tutti i dolori e fastidi, e ti farà ritrovare le calze che hai smarrito.
Mi tengo aggiornato sulla ricerca sullo stretching. Purtroppo, devo ancora vedere chiare evidenze del fatto che un tipo di stretching sia migliore di un altro sotto qualche aspetto che conti qualcosa, per quanto “avanzato” possa essere. Ecco un esempio perfetto:
Allungare un muscolo e contrarlo subito dopo è una base dello “stretching avanzato”. È chiamato “contrazione-rilasciamento” (CR) ed è parte di una più ampia strategia dal nome molto avanzato di “facilitazione neuromuscolare propriocettiva” (PNF). Tuttavia, non è niente di straordinario: aggiunge solo la contrazione. Ci sarà qualche lettore che storcerà il naso e dirà che CR non è ancora stretching “avanzato”, ma è certamente ancora molto usato, insegnato e spacciato come meglio dell’umile stretching statico. Vedo istruttori usarlo in palestra sempre. I pazienti di ogni parte del mondo, quando vanno a fare terapia hanno ottime probabilità che il terapista somministri loro un bel po’ di stretching CR, più o meno a un dollaro al minuto.
Sapete cosa? Non aumenta la flessibilità nemmeno un po’ più dello stretching statico. Questo dice la scienza! Un esperimento ben congegnato controllò se la componente “contrazione” dello stretching CR facesse la differenza, e trovò chiaramente che non ne faceva alcuna12. I ricercatori compararono un normale stretching CR degli ischiocrurali ad uno senza contrazione (si faceva contrarre qualche altro muscolo distante, non coinvolto nello stretching). L’effetto dei due tipi di stretching era lo stesso: “un leggero, significativo aumento in ampiezza di movimento”. In altre parole, importava niente se gli ischiocrurali fossero o no contratti: con o senza contrazione, il risultato era lo stesso. Questo indebolisce fortemente l’affermazione centrale dello stretching CR-PNF, per usare un eufemismo. Per dirla chiara, la svuota totalmente.
Incurable Shitty Ankle: Degenerating & Stretching 0:51
Le cose che sembrano troppo belle per essere vere … non lo sono.
C’è anche un problema serio con le definizioni, qui. Molti dei metodi che si suppongono “avanzati” non sono affatto stretching. Basta cambiare poche cose dello stretching per farlo diventare qualcos’altro. Il classico esempio sono gli esercizi di mobilità articolare dinamica: muovere ripetutamente per una determinata ampiezza (p. es.: oscillare il braccio con un movimento circolare). Dovremmo chiamarlo “stretching”? Forse. Ma io dico di no; anche se c’è parentela, è una forzatura, e poi ha già il suo nome. Vedessi qualcuno che lo fa, non penserei mai “guarda, sta facendo stretching!”
Quindi seguo una semplice regola: se un esercizio non implica tenere allungati i muscoli per almeno diversi secondi, non è stretching. Può essere interessante, ma non è stretching. Questa definizione elimina alcuni metodi “avanzati” dal novero di quelli che vanno presi in considerazione.
II PARTE
IIIISTRETCHING: LE EVIDENZE
La ricerca sullo stretching mostra chiaramente che non è un riscaldamento efficace
Non c’è niente di più chiaro di questo in merito allo stretching statico. Il nostro veloce riscaldamento a base di stretching è uno dei temi più studiati in tutta la medicina muscoloscheletrica e nella scienza dell’esercizio. Per esempio, una revisione molto vasta, pubblicata nel 2011, ha trovato “prove schiaccianti” che uno stretching di 30-45 secondi … “non produce alcun effetto significativo” e anche qualche evidenza di danni13.
Danni? Davvero? Sì: un test del 2014 trovò che un bello stretching pre-corsa causa “una riduzione della capacità del muscolo scheletrico di produrre forza esplosiva.” Accidenti! Come scrisse Alex Hutchinson per Runner’s World, “non riesco a vedere niente di buono in qualcosa che mi fa andare più lento ma che mi fa sentire che ce la metto tutta14.” E c’è altro ancora in questa direzione15.
Riscaldarsi è un obiettivo nebuloso con molti possibili significati. Il più ovvio e letterale, un aumento della temperatura nel muscolo, è un obiettivo ragionevole. È letteralmente vero che i muscoli caldi funzionano meglio di quelli freddi.
Tuttavia, il calore corporeo è generato dall’attività metabolica, in particolare dalla contrazione muscolare. Ed è impossibile innalzare l’attività metabolica senza arrivare a sudare, cosa non possibile con il solo stretching. Semplicemente: i muscoli non si scaldano allungandoli: sarebbe come pretendere di cuocere una bistecca stiracchiandola. Invece, la miglior maniera di riscaldarsi è probabilmente cominciare col fare l’attività in modo leggero e lento: per esempio, camminare prima di correre.
In senso metaforico, “riscaldarsi” si riferisce anche alla prontezza all’attività o consapevolezza corporea. Si è “riscaldati” in questo senso, quando siamo neurologicamente reattivi e motoriamente coordinati: circuiti pronti e adrenalina in circolo. Riscaldarsi ha senso solo in vista dell’esercizio: i suoi unici obiettivi sono proteggersi dagli infortuni e ottimizzare la prestazione. E sono obiettivi realistici. Per esempio, la ricerca ha mostrato che un riscaldamento centrato su questi obiettivi procura una rispettabile assicurazione contro gli infortuni, riducendo sia il numero che la gravità di traumi e di lesioni da sovraccarico16,17.
Quindi, il riscaldamento in questa accezione è probabilmente utile, … ma lo stretching serve a scaldarsi in questo senso? No, probabilmente non molto – certamente non più di un sacco di altri esercizi che si potrebbero fare – e ancora più probabilmente, niente del tutto. Uno dei più studiati programmi di riscaldamento (che comprende anche uno degli studi appena citati), il programma della FIFA “gli 11 +”, significativamente non include lo stretching. La prova più convincente che lo stretching non provoca riscaldamento è il fatto che non previene infortuni né migliora la prestazione (ne discutiamo più avanti). Lo stretching statico dà un qualche stimolo ai tessuti, ma in modi molto diversi da gran parte delle comuni attività muscolari.
Il riscaldamento funziona
Uno studio su un grande numero di giocatrici di calcio ha mostrato che il riscaldamento può ridurre di un terzo le lesioni. Bisogna notare che il tipo di riscaldamento impiegato, “11 +” della FIFA, non include lo stretching!
A causa di tutto questo, lo stretching ha perso il suo crisma di ufficialità come metodica di riscaldamento: la maggior parte dei professionisti lo ha abbandonato da molti anni, ed è passé anche nell’opinione di molti appassionati della corsa e sportivi della domenica. Semplicemente, non funziona, ed è difficile immaginarsi una pratica di fitness comune che sia così profondamente contraddetta dalle prove e da molti professionisti del settore. Eppure …
Eppure lo vedo fare sempre nell’habitat di chi corre. Vivo nei pressi della famosa “diga marina” di Vancouver, uno dei posti per correre più belli e famosi al mondo. Vedo i podisti nel loro habitat, molti dei quali partecipano a programmi di allenamento strutturati e gruppi podistici, ovviamente istruiti da esperti e allenatori.
E fanno stretching per scaldarsi. In mandrie. Quindi, malgrado l’evoluzione delle conoscenze, questa pratica deve ancora essere smontata. C’è ancora troppa gente là fuori che fa stretching prima di correre e fare sport, che cerca di “scaldarsi” quasi esclusivamente stando ferma ed allungando i muscoli!
Diciamolo ancora una volta: il modo migliore per prepararsi a un’attività è probabilmente quella di cominciare lentamente a farla.
La ricerca sullo stretching mostra che non previene la dolenzia muscolare ad insorgenza ritardata (DOMS: delayed-onset muscle soreness)
Un’altra idea diffusa circa lo stretching, è che prevenga quella fastidiosa dolenzia muscolare profonda che segue un esercizio intenso. Questa dolenzia è chiamata “dolenzia muscolare ad insorgenza ritardata”, abbreviata in DOMS. La gente crede in modo religioso che lo stretching possa alleviarla.
Ho visto un esempio di questo atteggiamento mentale quando ero studente. Un istruttore con mentalità scientifica condivise un articolo scientifico con noi (una cosa che nessun altro aveva fatto, il che era di per sé scioccante). L’articolo suggeriva che il massaggio non aveva alcun effetto sul fenomeno della dolenzia muscolare ad insorgenza ritardata, con prove schiaccianti18. Eresia! Era una botta mortale ad una delle vacche sacre della professione per cui stavamo studiando, così gran parte della classe reagì arrabbiandosi, e lo sfortunato istruttore fu praticamente cacciato a urla dall’aula.
Penso che la parte davvero strana della storia, sia che la credenza popolare degli studenti datava da soli due anni ed era basata solo sul fatto che l’avevano sentita dagli istruttori nel primo anno di scuola. Prima di allora, nessuno di loro avrebbe saputo definire “DOMS”! Eppure era già diventato un dogma, imprescindibile per la loro immagine di professionisti in erba, un “fatto” che pianificavano di usare per promuovere i loro servizi, e quindi la maggior parte di loro si sentiva addirittura offesa dalla smentita. Fu una chiara dimostrazione del fatto che la maggior parte delle persone preferisce avere confermate le proprie idee che cercare la verità.
La gente crede con la stessa forte convinzione che lo stretching riduca la DOMS. Ma questo non lo rende vero. Purtroppo le evidenze dicono con forza che lo stretching è completamente inutile per prevenire la DOMS. Di fatto, molti studi hanno mostrato che niente meno di un’amputazione può prevenire la DOMS19,20,21, e certamente non lo stretching22.
È saggio pensare alla DOMS come a una tassa sull’esercizio. Come ha detto un lettore intelligente, “solo la dolenzia può prevenire la dolenzia.”
La ricerca sullo stretching mostra che non previene gli infortuni
L’idea comunemente accettata, che una maggiore mobilità articolare e lo stretching prima dell’attività prevengano gli infortuni, è stata messa in dubbio e trovata tra le più traballanti basi scientifiche, o almeno proveniente da una tale scarsità di dati da impedire qualsiasi conclusione ragionevole.
Flexibility, by William Sands, p. 389
Secondo gli studi, lo stretching probabilmente non previene gli infortuni. Come ho detto poc’anzi, è una conclusione suggerita da una combinazione di revisioni scientifiche della letteratura e studi clinici con campioni ragguardevoli, alcuni dei quali già citati in questo articolo. Qui c’è qualcosa di più.
Nel 2005, il Clinical Journal of Sports Medicine ha pubblicato una revisione aggiornata dell’evidenza cientifica, trovando che la (innegabilmente scarsa) evidenza “mostrava che lo stretching non aveva effetto preventivo sugli infortuni23.” Né studi di basso livello, né studi di alto livello, riportavano un qualche effetto preventivo sugli infortuni. Non importa se lo stretching era rivolto a singoli muscoli o a interi gruppi muscolari: i tassi di infortuni non cambiavano.
I tassi di infortuni per ogni tipo di lesione erano uguali,
con o senza stretching.
Quasi come se lo stretching non facesse alcuna differenza.
Da allora è stata condotta altra ricerca sperimentale. Per esempio, uno studio del 2008 pubblicato nell’American Journal of Sports Medicine, ha mostrato “nessuna differenza significativa nell’incidenza di infortuni” in soldati che eseguivano esercizi di prevenzione24. Metà di loro parteciparono ad un programma di esercizi comprendente 5 esercizi per la forza, la flessibilità e la coordinazione degli arti inferiori e 50 di essi incorsero in lesioni da sovraccarico agli arti inferiori: dolore al ginocchio o sofferenze medio-tibiali. Gli altri 500 soldati non fecero niente per prevenire infortuni – né stretching, né esercizi di rinforzo, né esercizi di coordinazione – e solo 48 di loro incorsero in lesioni simili. Rilevarono “nessuna differenza significativa nell’incidenza di lesioni fra il gruppo prevenzione e il gruppo placebo”, e gli autori conclusero che gli esercizi “non incidevano sul rischio di sviluppare gonalgie da sovraccarico cronico o sindromi da sforzo tibiale mediale in soggetti che si sottoponevano a un aumento dell’attività fisica.
Tuttavia, è chiaro che il regime di esercizi includeva sicuramente lo stretching statico e che sicuramente non compiva alcun miracolo di prevenzione nei confronti di alcune delle più comuni lesioni dell’arto inferiore legate allo sport. Se lo stretching dà risultati nulli in un esperimento come questo, come può prevenire altre lesioni? Probabilmente non può.
Qui a Vancouver, una Mecca dei podisti, dei ricercatori alla Simon Fraser University hanno condotto un nuovo studio eccezionalmente vasto dello stretching pre-corsa, con più di 2.700 partecipanti. Hanno trovato “nessuna differenza statisticamente significativa fra i gruppi “stretching” e “non stretching”25. I tassi di infortuni per ogni tipo di lesione erano uguali, con o senza stretching. Quasi come se lo stretching non facesse alcuna differenza. Ma siate voi stessi a giungere ad una conclusione!
Non sono mai sorpreso da questi risultati sperimentali, perché non ho mai sentito una spiegazione ragionevole del meccanismo per cui lo stretching potrebbe prevenire delle lesioni. Di solito, chi lo propugna crede che muscoli “più lunghi” abbiano meno probabilità di subire distrazioni: anche se la varietà casalinga dello stretching rendesse i muscoli più lunghi (del che c’è da dubitare) ed anche se sapessimo esattamente che tipo di stretching facciamo (non lo sappiamo) e anche se avessimo il tempo di stirare ogni gruppo muscolare, i benefici sarebbero rilevanti solo per una piccola parte delle lesioni da sport più comuni. Una distorsione di caviglia, per esempio, o un ginocchio contuso, due delle lesioni più comuni, probabilmente non hanno niente a che fare con la lunghezza muscolare.
In realtà, si potrebbe trovare qualche prova che lo stretching ha dei modesti effetti preventivi, ma immagino che siano molto specifici e non raggiunti dalla gran parte dei protocolli di stretching. Per esempio, è probabile che uno stretching diligente e specifico dei flessori plantari e dell’arco plantare possa prevenire la fascite plantare26. Ma per la prevenzione “generale” delle lesioni, credo che queste sei tecniche per prevenire gli infortuni sportivi siano probabilmente più efficaci dello stretching.
Sì, la ricerca sullo stretching mostra che aumenta l’estensibilità muscolare: e con questo?
“Voglio diventare più elastico”, dice la gente. Anche quando hanno mobilità normale in ogni articolazione. Cosa cercano? Perché la gente è tanto determinata a diventare più flessibile? Cosa ci vuole fare con questo superpotere?
Il fatto che ci siano effettivamente diversi super-eroi molto elastici, dice qualcosa al nostro sincero desiderio di una maggiore mobilità segmentaria. Ma la verità è che difficilmente qualcuno ha bisogno di aumentarla. Quasi tutti abbiamo una mobilità segmentaria normale – è per questo che è normale! A meno che non si sia amareggiati perché un segmento manca di mobilità sufficiente per raggiungere un determinato scopo, probabilmente una maggiore mobilità non è utile.
Lo stretching può aumentare la flessibilità. Non è proprio facile, né un investimento economico, e forse dipende dai geni. A me non pare proprio di farcela, come ho stabilito fermamente nel 2011 con un esperimento personale davvero approfondito. Molte altre persone non sono riuscite a farcela. Ecco una storia mandata da un lettore che ci ha lavorato per decenni:
Ho fatto Yoga ogni giorno per più di 20 anni. Sono davvero devoto. Cambio l’insieme delle posizioni ogni 2 settimane, ma comincio le mie sedute ogni giorno 5-10 minuti di respirazione in una posizione del loto semplificata (padmasana, dove un piede è sul pavimento e un altro è sopra la coscia dal lato opposto). È tanto scomoda oggi quanto lo era quando ho cominciato. Posso sopportarla per 5 -10’, ma di più è davvero troppo dolorosa. Posso anche mantenere la versione integrale, ma allora non duro più di un minuto. Uno spererebbe, dopo tanti anni, di essere diventato più flessibile! Niente, neanche un pochino: faccio yoga per altri motivi.
Franjo M, California
Tuttavia, per molte persone uno sforzo diligente protratto per un periodo di settimane potrebbe ben aumentare la mobilità segmentaria. Nel 2011, un bell’esperimento di Marshall et al. mostrò che uno stretching regolare aumentava sostanzialmente la loro estensibilità in ragazzi universitari normali27. Specificamente, dopo “un programma di 4 settimane consistente in 4 stretching di ischiocrurali ed anca eseguito 5 volte alla settimana” la loro mobilità aumentò di 16-20°. Questo è un risultato reale. Per quanto conti.
E sforzi più estremi tendono a produrre risultati più estremi.
Acrobati, ginnasti, cultori dello yoga, contorsionisti, combattenti di arti marziali, hanno chiaramente cercato la massima estensibilità per secoli, talvolta acquisendo una flessibilità sbalorditiva. Ma questi sono atleti altamente motivati, con obiettivi di prestazioni stupefacenti e con protocolli di stretching che sicuramente ci spaventerebbero, e con buona ragione: spesso si infortunano, strada facendo. In effetti, può anche essere necessario danneggiare le articolazioni – traumatizzare capsule e legamenti – al fine di ottenere una tale mobilità estrema.
Fitness e salute non sono sinonimi. Si può essere adatti per una particolare attività atletica, ma questo non significa che si è una persona più sana: una prestazione eccezionale in una categoria limitata spesso si raggiunge a costo alto (di stabilità articolare, in questo caso). La flessibilità “va bene” per alcune cose … e non molto altro. È utile per i ginnasti, ad esempio …
È una buona idea? Questa è una “spaccata”. Fare regolarmente cose del genere fa aumentare la flessibilità, ma probabilmente non porta guadagni in salute.
E questa? Non sono certo sia una buona idea nemmeno per una ginnasta!
Questa giovanissima ginnasta diventerà più flessibile? Sì, lo credo proprio! Sarà per questo più sana? No, palesemente! E ha un signore di mezza età seduto sulla sua schiena … e questo non va bene.
Essere flessibili è un obiettivo talmente agognato, tuttavia, che ci torneremo più avanti. Ci sarà sa stupirsi apprendendo come la flessibilità funziona, in effetti. Ma prima c’è qualche altro mito da sfatare.
La ricerca sullo stretching mostra che probabilmente non migliora le prestazioni (e certamente non fa correre più veloci gli sprinter)
Gli atleti più flessibili non sono necessariamente i migliori.
William Sands, Flexibility, p. 389
Questo non è un argomento sullo stretching di cui si sente parlare quanto gli altri.
E tuttavia di tanto in tanto emerge, specialmente fra atleti che fanno sport di squadra.
È pratica comune fare stretching lontani dal campo di gioco. Probabilmente è così perché lo si pensa come un metodo di prevenzione degli infortuni, ma molti di questi atleti diranno convintamente che migliora le loro prestazioni: che i muscoli “scatteranno come molle” dallo stiramento e li faranno correre più veloci. C’è addirittura un libro sullo stretching che è ampiamente basato su questa idea – ma è un libro pieno di scienza da salotto, e senza alcuna prova fattuale che queste idee siano vere.
Ho già menzionato una ricca revisione scientifica del 2011 di Kay et al che ha trovato “una schiacciante evidenza” che lo stretching pre-esercizio “non ha effetto significativo”. Non è stata una sorpresa. Cosa invece un po’ sorprendente, è che la stessa revisione ha trovato l’opposto di un beneficio: lo stretching pre-esercizio potrebbe ridurre la forza muscolare28. Probabilmente non sarebbe un effetto enorme, ma certamente enfatizza la mancanza di effetto positivo: se l’effetto c’è, è nella direzione opposta. Caspita!
Il concorrente che lo stretching
non lo ha fatto,
ti lascia dietro
Allo stesso modo, la ricerca ha mostrato che lo stretching non migliora la prestazione negli sprinter… ma la peggiora. Cosa succede facendo stretching prima di uno scatto? Succede che il concorrente che lo stretching non lo ha fatto ti lascia indietro! Un gruppo di ricercatori australiani di Perth ha fatto questo esperimento all’inizio del 2009. Radunarono alcuni atleti e misurarono i loro tempi con e senza stretching fra gli scatti29. E naturalmente non si limitarono a chiedere agli atleti “allora, come ti sei sentito? Più lento o più veloce?” No: intelligentemente, misurarono i risultati. Rilevarono di ogni sessione il tempo medio, il tempo totale (la somma di sei scatti), il tempo del primo scatto e il tempo migliore. I risultati dei test erano chiari: “c’era una tendenza a realizzare tempi più alti dopo lo stretching statico.” In altre parole, chi si dedica ad uno sport in cui lo scatto è importante, è meglio che non faccia stretching prima di sporcarsi le scarpette.
(Non è un’ottima idea mettere alla prova le idee? Se non siamo sicuri di che effetto ha lo stretching sullo scatto, perché non provarlo? Con tanto di misure! È straordinario quanto si impara.)
Ci sono molti possibili “se” e “ma” in questo studio30. Tuttavia, queste perplessità e domande non fanno che enfatizzare l’assurdità degli eserciti di persone che hanno una fede supersemplificata nell’importanza dello stretching. A dispetto di un’evidenza così scoraggiante, il buon senso ci spinge a dire che lo sport stesso fornisce tutto lo “stretching” di cui uno ha bisogno. Sentiamo cosa dice l’ultimo Mel Siff:
“…è quasi da eretici mettere in questione questa dottrina dello stretching, ma è importante svelare che non c’è alcuna ricerca che provi il bisogno di impegnarsi in sedute specifiche di stretching per migliorare prestazioni o sicurezza. Per valutare questo fatto, è utile ritornare a una delle definizioni cliniche della flessibilità, ossia che la flessibilità si riferisce all’ampiezza di movimento di un’articolazione o uno specifico gruppo di tessuti anatomici. Per di più, la flessibilità non può essere considerata separata da altri fattori della fitness come la forza e la resistenza. Non c’è realmente bisogno di prescrivere esercizi o intere sedute di stretching, perché un allenamento strutturato in modo logico dovrebbe muovere progressivamente ogni articolazione lungo tutta la sua ampiezza di movimento. In altre parole, ogni movimento dovrebbe essere eseguito per migliorare flessibilità, forza, velocità, resistenza locale, abilità, così che sessioni dedicate allo stretching diverrebbero del tutto ridondanti.
Mel Siff, Facts and fallacies of fitness, , p. 123
L’intelligente minimalismo di Siff — siamo nel 1988 — sta in forte contrasto con l’approccio molto più comune e vendibile “anzitutto la flessibilità”, un approccio che guarda caso (una coincidenza, sono certo!) dà agli allenatori, ai preparatori fisici e ai terapisti qualcosa di cui essere esperti: l’idea che gli atleti debbano considerare importante anzitutto aumentare la flessibilità (con qualsiasi metodo di stretching), e poi allenare per la forza e la coordinazione, affinché sfruttino le meraviglie della flessibilità. Un quadro che molto probabilmente andrebbe letto esattamente al contrario
IiI PARTE
MA ALLORA … LO STRETCHING SERVE A QUALCOSA?
Riposte a diverse idee e obiezioni comuni intorno allo stretching (fra cui alcune mie)
Che dire di questo? “Fa bene al cuore!31” “Induce un miglioramento della modulazione vagale.” Questa è una buona notizia dalla scienza per lo stretching (ma non ho mai sentito dire da nessuno che fa stretching per il cuore).
Di fatto, non sorprende che un qualsiasi tipo di esercizio motorio implichi effetti regolatori sistemici, ma è bello vedere corroborata questa nozione intuitiva, ed è anche bello sapere che forse solo lo stretching ha questo effetto (per quanto possiamo concludere da un singolo studio). Se è vero, è un buon punto a favore dell’abitudine a fare stretching o yoga, a “massaggiare con il movimento” e probabilmente anche a massaggiare in senso stretto. Può spiegare in buona parte il piacere che si prova con il massaggio.
Ma probabilmente lo stretching non è utile per le ragioni per cui generalmente si fa o nei modi in cui generalmente si fa.
Non c’è dubbio che alcune tecniche specifiche di stretching siano utili per specifici scopi, … ma completamente diversi dagli scopi che le persone hanno in mente, posto che ne abbiano in mente di scopi chiari. La mia preoccupazione non è che lo stretching sia inutile, ma che le persone facciano stretching senza senso e senza efficacia, invece di dedicarsi ad alternative basate su prove, come un riscaldamento ben fatto o delle mobilizzazioni.
Non credo che in generale lo stretching sia più utile per le persone di quanto lo è per i gatti: lo facciamo per pochi secondi la mattina quando ci alziamo, e poi saltiamo fuori dalla cassetta della sabbia. È piacevole, è stimolante e rinfresca la nostra percezione corporea, dà una grattatina a qualche prurito meccanico ed è quasi elegante. Ma vale per tutti, e sempre? Va bene considerarlo un esercizio da fare d’abitudine, a cui dedicare del tempo? Lo stretching, semplicemente, ha un pessimo rapporto costi/benefici.
Nei prossimi paragrafi, risponderò ad alcune delle obiezioni e domande comuni spesso sollevate dai lettori.
Slow-motion pandiculation 1:30
Allora, se è proprio accertato, se niente di quello che sapevo sullo stretching si è rivelato vero, perché ogni tanto sento il bisogno di stirarmi altrimenti mi sembra di irrigidirmi come un pezzo di cuoio vecchio? Perché ho questa pulsione a stiracchiarmi, e perché mi fa stare così bene, se in realtà non fa niente?
Perché probabilmente qualcosa di buono lo fa! Soltanto, probabilmente, non fa quello che tu pensavi che facesse. E in realtà non sappiamo con certezza cosa sta combinando. Se siamo intellettualmente onesti, dobbiamo semplicemente ammetterlo.
Tanta gente dice che fare stretching fa star bene, che riduce la dolenzia muscolare, o che sentono un bisogno urgente di stirarsi. Io sono uno di questi. Ho l’abitudine di fare stretching perché è piacevole, perché mi sembra di rinsecchirmi se non lo faccio. In particolare, stiro i miei ischiocrurali regolarmente e con forza, e mi dà lo stesso piacere di infilarmi in una vasca con l’acqua calda; ma l’esatta natura di questo sollievo mi è del tutto oscura.
È probabilmente un complicato impasto di benefici fisiologici reali ma ignoti – come l’effetto regolatorio sulla frequenza cardiaca di cui si è detto poco fa – con dell’effetto placebo. Nonostante i miei dubbi sulle credenze popolari, tendo emotivamente a “credere” allo stretching proprio come quasi tutti: nella nostra mentalità, se qualcosa è piacevole siamo portati a pensare che faccia bene. Il che è falso, naturalmente, non aiuta a capire: molte cose sembrano buone, ma non hanno alcun chiaro beneficio fisiologico. Stiracchiarsi può essere come grattarsi: un impulso innegabilmente forte, con poca o nulla importanza per le prestazioni atletiche o la salute. O può essere come un massaggio per muscoli con DOMS: piacevole, senza dubbio, ma di provata inefficacia.
Proprio non lo so. E stando a quanto dicono gli studi a tutt’oggi, nessun altro lo sa.
Se la gente pensasse che il piacere di farlo fosse l’unico beneficio dello stretching, la maggior parte di loro, specialmente gli atleti, lo toglierebbero dalla loro attività fisica immediatamente. La maggior parte di noi ha cose più importanti da fare. Tuttavia, se qualcuno dichiarasse fermamente: “faccio stretching solo perché è piacevole”, applaudirei e direi: “Alleluia! Quello è un eccellente motivo per stirarsi! E uno dei pochi difendibili razionalmente!”
E tuttavia, può darsi ci siano effettivamente reali benefici fisiologici dello stretching: ma non quelli che vengono messi in giro.
“Ma io trovo che lo stretching fa bene per la dolenzia muscolare …”
Ci sono molte situazioni in cui è irrealistico sperare
di vincere un tiro alla fune con un trigger point,
perché sarebbe anatomicamente assurdo e doloroso
Questo lo sento dire un sacco di volte, e lo sperimento io stesso. L’evidenza aneddotica che lo stretching “funziona” per i muscoli dolenti e irrigiditi è notevole. (Sinistramente, è abbondante anche l’evidenza aneddotica che la può peggiorare.) Non sembra che possa lontanamente “guarirla”, ma che sia dannato se non la smussa quanto basta per valer la pena di provarci. Quindi le persone indolenzite fanno stretching, e qualche volta le fa stare meglio: poco meglio per poco tempo.
Fare stretching per i trigger point è un rimedio sostenuto da qualche esperto. Nel loro ponderoso testo “Il dolore muscolare”, i ricercatori David Simons e Siegfried Mense hanno scritto che lo stretching “è assolutamente benefico32”. Hanno sviluppato una loro teoria, per spiegarlo33. Se è corretta, allora funziona come lo stretching fatto per sconfiggere un crampo al polpaccio: si vince il tiro alla fune con il muscolo in spasmo, ma su scala minore. A prima vista suona bene, ma ci sono parecchi e grandi problemi, sia in teoria che in pratica. Simons e Mense sottolineano anche che “non è stato stabilito chiaramente che lo stretching dei trigger point sia utile, e che funziona primariamente per i trigger point di un singolo muscolo e appena attivati” (lasciando fuori un sacco di trigger point che costituiscono un problema serio). Ci sono molte situazioni in cui è irrealistico sperare di vincere un tiro alla fune con un trigger point, perché sarebbe anatomicamente assurdo e doloroso34. Infatti, se anche funzionasse, probabilmente sarebbe utile solo per i casi più lievi, che non danno molta noia.
Comunque, si tratta di un modo, in parte plausibile, grazie a cui lo stretching potrebbe ridurre il dolore muscolare e la rigidità, e potrebbe essere una spiegazione parziale del benessere momentaneo procurato dallo stretching, ma è certo che non esaurisce l’argomento. Ho preso sul serio quest’idea e l’ho esplorata in gran dettaglio nel mio libro sui trigger point. Ho anche un conciso sommario del soggetto qui:
Stretching for Trigger Points: il rilasciamento dei trigger point è una buona ragione per fare stretching?
“Ma non è che bisogna solo insegnare a farlo come si deve, lo stretching?”
La cosa bella degli standard è che ce ne sono tanti fra cui scegliere.
Andrew S. Tanenbaum
No, non è così, perché è impossibile. Finora non c’è modo di stabilire come è fatto uno stretching “corretto”. Cercare di insegnare come è fatto uno stretching corretto è come insegnare a dipingere con le dita correttamente. Non c’è uno standard accettato della tecnica di stretching, nemmeno per idea, non c’è metodo che sia chiaramente superiore, non c’è modo di sapere cosa va bene, nessun indicatore di successo e nessun metodo accettato di raggiungerlo.
Questa è un’altra obiezione che sento spesso da chi è abbarbicato al dogma dello stretching. La scelta delle parole è molto ampia, ma l’argomento pretenzioso è sempre lo stesso: lo stretching è valido solo se “sai cosa stai facendo”. E così un bel numero di esperti restano sulla piazza promuovendo un metodo di stretching che sembra meglio di tutti gli altri. Sfortunatamente, ognuno di loro è in disaccordo con gli altri.
I miei ex colleghi massoterapisti sono spesso i peggiori perpetratori di questa idea: che i clienti abbiano solo bisogno di essere “istruiti” e poi i loro stretching diverranno magicamente molto più efficaci e preziosi di quanto non fossero prima. Preziosi per cosa, non so bene: come discusso prima, abbiamo già eliminato tutti i motivi che sono credenza comune. Ma se anche ammettessimo generosamente che ci può essere qualche altro beneficio dello stretching, chi siamo per stabilire in che modo dovrebbe essere conseguito? Mostratemi una fonte autorevole di informazione sullo stretching! Mostratemi uno “stretching corretto”!
Ecco un nitido esempio del problema. Questo è un brano tratto da uno dei miei libri scolastici, un tomo ponderoso e autorevole, una Bibbia dell’esercizio terapeutico:
“…molti autori hanno suggerito che un periodo di 20 minuti o più è necessario affinché lo stiramento sia efficace e aumenti la mobilità segmentaria, quando si impiega uno stiramento meccanico di bassa intensità e prolungato…”
three citations listed, Therapeutic Exercise, 3rd Ed., Kisner/Colby, p157
20 minuti? Non conosco nessuno che stiri un muscolo per 20 minuti! Non conosco nemmeno un singolo terapista o allenatore che lo raccomandi! E tuttavia “molti autori” hanno rilevato che è “necessario”! Sembrerebbe un metodo “corretto” di stretching, ma è assente dalla “saggezza collettiva” dei professionisti…perché, naturalmente è contraddetta in altri trattati e da altri esperti, per tacere il fatto che è totalmente inapplicabile: immaginate di stirare, per prevenire infortuni, 20 gruppi muscolari importanti per 20 minuti ciascuno!
Il problema è chiaro. Anche se ci fossero obiettivi chiari e giustificabili per lo stretching, sarebbe effettivamente impossibile formare un’opinione basata su prove su cos’è uno stretching corretto.
I non-stirabili: i molti muscoli biomeccanicamente impossibili da stirare a fondo
C’è un’altra difficoltà pratica dello stretching che non viene mai discussa: ci sono numerosi importanti muscoli e gruppi muscolari che sono impossibili da stirare a fondo (cioè, fino ad avvertire la sensazione di stiramento); compresi alcuni muscoli (come il quadricipite), che la gente crede di stirare. Anche se lo stretching avesse i benefici che si vuole attribuirgli, che chiaramente non ha, questi benefici non sarebbero rapportabili a grandi masse muscolari. Si veda:
“Ma lo yoga non è tutto a base di stretching? E lo yoga ha un bel po’ di benefici, o no?”
Sì, è così; sì, li ha – ma probabilmente non i benefici che le persone normalmente attribuiscono allo stretching. Anche la flessibilità è sospetta35. Lo stesso vale per il qigong, e le arti marziali sono piene di tecniche di stretching: alcune di queste appropriate per il moderno fitness “occidentale”, altre ereditate da pratiche tradizionali. Raccomando questo tipo di stretching in qualche articolo. Perché? Dove sta la differenza?
La differenza sta nell’intenzione. L’intenzione di fare stretching nel contesto dello yoga, del qigong o delle arti marziali è di aiutare la concentrazione, di stimolare la vitalità grazie a una combinazione di esercizio fisico e mentale. L’intenzione è tutto: senza questa intenzione, potreste lasciare perdere di impegnarvi in queste attività.
Gli occidentali di solito fanno stretching senza avere la minima idea di questa complessità alla base delle discipline orientali. Lo stretching aiuta la consapevolezza corporea, è ovvio; ma è una consapevolezza superficiale e a sprazzi, che raramente implica qualcosa di più di “ehi, quel muscolo è indolenzito”. Senza conoscere gli intenti, cioè senza un contesto filosofico, il valore dello stretching nello yoga è dubbio come in ogni altra situazione.
E implica qualche rischio. Troppo spesso lo yoga viene percepito come un’attività invariabilmente salutare e del tutto innocua: e invece lesioni da stiramento eccessivo e distrazioni muscolari sono evenienze comuni. Come per la danza e le arti marziali, ci sono tanti modi di farsi male praticando lo yoga.
Lo stretching può “allineare” le fibre dei tendini?
Ecco un’idea che non si sente spesso, ma talvolta viene manifestata. Un lettore era curioso in proposito, quindi ci feci sopra qualche ragionamento. La domanda era:
Nel tuo articolo sullo stretching, hai quasi solo discusso gli effetti sul muscolo; pensi che possa avere anche effetti positivi sui tendini? Ho letto un testo sull’allenamento sportivo e sul suo effetto sul corpo umano, e dice che lo stretching prima dell’allenamento può fare bene ai tendini.
Risposta: Sì, l’articolo tratta dello stirare i muscoli, non i tendini. Tuttavia bisogna notare che muscolo e tendine, anche se sono tessuti distinti, si uniscono senza soluzione di continuità. Molto di ciò che consideriamo muscolo è l’estensione di un tendine, e viceversa. È impossibile tracciare una linea di confine, e se lo stretching non ha particolare effetto sul muscolo, probabilmente non ne ha nemmeno sul tendine. Quasi certamente, l’ ”effetto positivo” sul tendine è scarso o nullo. Ma … che tipo di effetto? Dobbiamo essere precisi nel definire cosa significa “positivo”. Questo è un problema comune: “effetto positivo” è spesso un concetto troppo vago. Cosa intendi per “effetto positivo”?
Il testo diceva qualcosa a proposito dell’allineare la parte più debole/usurata del tendine con la parte più forte/meno usurata, e in quel modo si potrebbe ridurre la probabilità di lesioni tendinee.
Risposta: Okay, questo è un esempio di cosa significa “effetto positivo”, però non è plausibile. Ecco perché: in generale, i tessuti sono stimolati a crescere e a ripararsi dalle forze con cui hanno normalmente a che fare (che sono le stesse forze che a volte li sovraccaricano provocando lesioni da sforzo ripetuto o lesioni traumatiche). In generale, quel tipo di stimolo è fornito in modo molto più efficiente e accurato dalla attività normale e sportiva che da qualche isolato esercizio terapeutico.
Anche uno stretching fortissimo costituisce
per un tendine uno stimolo estremamente breve
rispetto a quello che affronta
in un’intera giornata di uso normale
Le cellule del tendine generano o assorbono fibre collagene secondo esigenza, in risposta agli sforzi, rimodellando e mettendo a punto incessantemente il tendine, che così è ottimizzato per sostenere gli sforzi che affronta tutto il giorno, ogni giorno. (L’organismo lavora sempre sull’assunto che l’immediato futuro sarà uguale al recente passato – che non sempre è vero, ma è una buona regola pratica.)
Tuttavia, i tendini sono molto stabili rispetto ad altri tessuti, e il loro rimodellamento è lento e “conservatore” – segue la norma “se non si è rotto, non ripararlo” – così non si rimodelleranno né molto, né in fretta. Anche uno stretching fortissimo costituisce per un tendine uno stimolo estremamente breve rispetto a quello che affronta in un’intera giornata di uso normale. Probabilmente ci vogliono mesi di sforzi nuovi e impressi spesso e regolarmente per indurre un tendine a cambiare.
Per esempio, pensa a come l’osso si rimodella – e l’osso è molto più dinamico e reattivo (e vascolarizzato) dei tendini. Se le ossa sono soggette a forti sforzi nuovi, si modificano lentamente ma continuamente, divenendo più spesse e forti, esattamente nel modo adatto ad affrontare quegli sforzi. Ma ci vuole molto tempo! Quanto pensi di poter influenzare quel processo mediante l’applicazione di forze all’osso? Anche con un’applicazione alquanto eroica di venti minuti al giorno – molto più di quanto ognuno metterebbe a disposizione per stirare uno o due tendini? E anche se funzionasse, quante sono le probabilità che l’applicazione deliberata di forze sarebbe una sufficiente simulazione degli sforzi biomeccanici “naturali” che darebbero luogo all’adattamento desiderato e opportuno? Una simulazione potrebbe andare bene in linea di principio, in alcuni casi, ma in generale non si avvicina agli sforzi che il tendine deve affrontare nella vita reale, e quindi non è un modo efficace per prepararlo ad essa! Posto che ottenga un qualche risultato.
A proposito dell’allineamento … la specifica idea che grazie allo stretching il tendine “allinea” le sue fibre è quanto mai dubbia, e molto ottimista. I tendini sono quasi impermeabili, si rompono solo con forze enormi (o quando sono indeboliti), e si modificano solo in risposta a carichi appropriati applicati a lungo. È importante sapere che sono tanto forti da essere l’anello più robusto della catena, e in molti casi strappano l’osso su cui si attaccano prima che la “corda” si rompa (fratture da avulsione). Con un semplice stretching, le fibre collagene non si allineano meglio di quanto già non lo siano; e i tendini hanno già una struttura microscopica straordinariamente ben allineata.
È di grande importanza anche notare che, come indicato e confermato da più e più studi, lo stretching non ha alcun ruolo nel prevenire gli infortuni, come trattato sopra, inclusi quelli tendinei. I tendini non si ledono meno spesso in chi fa tanto stretching. Per ridurre le probabilità di una lesione tendinea, la via è esporre i tendini a molte attività. Andare un po’ oltre il limite, abbastanza da stimolare, ma non tanto da usare violenza: ci vuole proprio la giusta quantità di stimolo.
Insufficiente: Stagnazione, disfunzione,dolore, evitamento, paura, disuso
Adeguata: Crescita, guarigione
Eccessiva: Irritazione, sovraccarico, dolore, usura, sindromi da sforzo ripetuto
Stimolazione motoria
Grattare un prurito interno.
Il cibo è una terapia efficace perché ha un buon sapore?
La musica è una terapia efficace perché ha un suono piacevole?
In fondo, ogni sensazione ed esperienza piacevole ha qualità terapeutiche. Queste qualità terapeutiche non son banali, ma non sono la stessa cosa di una terapia efficace. C’è una buona ragione per cui un terapista non prescrive mai un gelato alla panna. Ecco l’ultimo grande mistero dello stretching che vorrei trattare: come può essere così piacevole senza avere (a quanto pare) alcun effetto misurabile? Guardiamo qualche fatto cui si applica questo “modello terapeutico”:
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Lo stretching è piacevole … ma è sopravvalutato e non è utile dal punto di vista medico né atletico come la maggior parte della gente pensa.
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Il massaggio è ancora più piacevole … ma il suo effetto sul dolore è notoriamente debole e transitorio.
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Gli “aggiustamenti” chiropratici possono essere deliziosi, addirittura dare dipendenza, specialmente in quella zona legnosa tra le scapole … ma nella maggior parte dei casi ne bramerai un altro a breve (il che è un adorabile modello di business per i chiropratici).
Il modello è quello di essere “sollevato” anziché “guarito”. In questi anni di riflessioni e studi su dolore e terapie, è stato per me un mistero ostinato il fatto che queste cose possano essere così piacevoli senza fare alcuna sensibile o durevole differenza per la maggior parte dei problemi di dolore.
Sentirsi bene ma non migliorare genera confusione e problemi infiniti. Le piacevoli sensazioni sono ampiamente responsabili di una epidemia senza fine di ottimismo eccessivo riguardo le loro proprietà terapeutiche. È del tutto comprensibile aspettarsi che qualcosa di così piacevole funzioni bene, ma molti, molti studi hanno dimostrato mille volte che stretching, massaggio e chiropratica non stanno esattamente salvando il mondo da fastidi e dolori.
Non è difficile spiegare come qualcosa può essere piacevole senza che curi i dolori. Il sesso è molto piacevole, ma non cura i dolori. Una grattata alla schiena, una torta di cioccolato, il sole, un bagno caldo: tutto bellissimo, tutto impotente a curare dolori. (Forse i bagni caldi fanno eccezione, per alcuni tipi di dolore.)
Il sesso è molto piacevole, ma non cura i dolori.
Una grattata alla schiena, una torta di cioccolato,
il sole, un bagno caldo:
tutto bellissimo, tutto impotente a curare dolori.
Ma per lo stretching il contrasto fra come fa sentire bene e quanto è inutile è più lampante, è la cosiddetta terapia più chiaramente sconfessata e obiettivamente inutile … ma dà comunque una sensazione deliziosa. Ho già detto che faccio stretching regolarmente perché mi piace; lo faccio quasi ogni giorno. Sono rigido e indolenzito come sempre, e non l’ho mai giustificato in altro modo che con ”mi piace”. E va bene così.
Ma perché? Perché è così piacevole? Dire che “è stimolante” non ci prende. Posso fornire una ragione abbastanza specifica, perché ognuna delle delizie cui abbiamo appena accennato è così piacevole, e il massaggio e gli schiocchi vertebrali non sono poi così difficili da spiegare.
Ma lo stretching? Non lo afferro. Non così bene.
E allora un giorno – mentre stavo facendo stretching, naturalmente – ho avuto una folgorazione: fare stretching non è “come” grattare un prurito, è effettivamente grattare un prurito. Nella mia esperienza, lo stretching è più piacevole quando sono indolenzito dopo un allenamento – il che infittisce il mistero: perché dovrebbe essere così piacevole stirare tessuti che sono pesantemente indolenziti?
Quell’indolenzimento è una specie di eruzione cutanea interna. E sentiamo una forte spinta a grattare gli sfoghi, le punture di zanzara e altre cose irritate e pruriginose. Prendiamo ad esempio la puntura di zanzara: grattarla non ci condurrà certo a farla guarire, e lo sappiamo. Ma il sollievo momentaneo che viene dal grattarla è così grande che quasi trascende il piacere e degenera in una cattiva compulsione. Come succede per molti piaceri.
Potrebbe essere che la dolenzia indotta dall’esercizio sia una specie di piccolo “rash” interno? E che lo stretching sia la cosa che meglio consente di “grattarlo”, per avere un piccolo, effimero sollievo? Questa è la migliore analogia che sono riuscito a trovare per descrivere cosa mi sembra lo stretching.
Ci possono essere molte ragioni che spiegano perché lo stretching è piacevole senza essere utile, ma questa mi sembra davvero sensata. È specifica e plausibile. Soddisfa la condizione di spiegare nello stesso tempo sia la sensazione curiosamente piacevole, sia la mancanza di effetto benefico. E si applica bene al fatto che mi piaccia stirare i muscoli soprattutto quando non sono in buono stato. Ed è ancora più sensata se estendiamo la metafora del prurito fino a includere le ancor più comuni sensazioni di essere irrigiditi o statici, sulle quali ho scritto in passato (un articolo per l’eccellente blog di Todd Hargrove: vedi The Bamboo Cage).
Ho spesso detto che lo stretching e altre sensazioni piacevoli date dal massaggio o dagli aggiustamenti vertebrali sembrano “come” grattare un prurito. Ma non ho mai fatto il passo successivo e considerato che forse sembrano come quello perché in un certo senso sono quello: perché possiamo avere qualche vero prurito “interno”, qualche vago fastidio sensitivo … e modi molto limitati ed indiretti di grattarli.
IV PARTE
TORNIAMO ALLA QUESTIONE DELLA FLESSIBILITA’
Sembra esserci solo un “vantaggio” dello stretching che pare chiaro e (quasi) accettato: aumenta la flessibilità. Per quanto importa, le persone sembrano diventare più flessibili quando fanno stretching regolarmente per un certo tempo. Non è facile da raggiungere, ma si può fare. Il fenomeno è ampiamente osservato, ed è stato confermato da esperimenti. Ho in precedenza citato Marshall e al, un esempio recente e decente, e ce ne sono certamente altri.
Il punto è: che importa? È effettivamente un vantaggio? Ho già sostenuto che non lo è, ma per perorare la causa più efficacemente, è importante studiare la natura della flessibilità. Quando qualcuno aumenta la sua flessibilità, cosa cambia, esattamente? Come funziona?
Probabilmente non succede che i suoi tessuti “si allungano” …
Fare stretching per le retrazioni: pollice verso
Lo stretching gode sempre
del beneficio del dubbio,
che se lo meriti o no.
“Retrazione” è il dannoso processo per cui i muscoli e altri tessuti “si irrigidiscono” in risposta a problemi neurologici o immobilizzazione prolungata. Un’espressione sul volto non diventa perpetua dopo qualche ora, come minacciano le mamme quando i loro figli fanno la faccia triste, ma forse se la si mantiene immodificata per settimane, una vera retrazione prende piede. Si tratta di patologia, ricordiamolo.
La maggior parte delle persone e degli operatori, probabilmente assumono che lunghi, intensi stretching sono una prevenzione e un trattamento efficace per le retrazioni. Non è un assunto mantenuto con molta convinzione, suppongo: solo che lo stretching gode del beneficio del dubbio, che se lo meriti o meno, e sembra “logico” che lo stretching possa essere un rimedio per le retrazioni.
Ma il senso comune sbaglia un’altra volta. Come capita spesso. La Cochrane Collaboration ha pubblicato una revisione dello stretching statico per la prevenzione e il trattamento delle retrazioni36. Il verdetto? Pollice verso. “La revisione ha mostrato che lo stretching non è efficace per il trattamento e la prevenzione delle retrazioni.” Sono sotto shock. Sotto shock, dico!
E questo è (l’ennesimo) ottimo esempio di una ragione “tecnica” per fare stretching che la maggior parte delle persone darebbe per vera. E invece no, perlomeno non lo stretching statico, in ogni caso37. Questo studio dice in modo chiaro e ragionevole che il semplice stretching non è efficace, o che i suoi effetti sono minori del minimo indispensabile.
Quindi, i tessuti retratti per motivi patologici non possono essere allungati significativamente. E allora, cosa avviene quando le persone sane sembra diventino più flessibili?
L’ultima teoria che sta in piedi: aumenta la tolleranza allo stiramento
Sono state proposte numerose spiegazioni, e nessuna ha avuto successo. Uno studio pubblicato su Physical Therapy nel 2010 le ha passate in rassegna dettagliatamente, lo si può leggere gratuitamente38. Non è una lettura leggera, ma offre alcune sottolineature molto interessanti. Per esempio, gli autori silurano la popolare teoria del muscolo che cambia lunghezza (“deformazione plastica”):
Di 10 studi che propongono la deformazione plastica, permanente o almeno durevole, del tessuto connettivo come fattore di una aumentata estensibilità muscolare, nessuna delle evidenze citate supportava questo modello classico di deformazione plastica.
Dopo avere revisionato numerose altre teorie confutate, giungono alla parte positiva: l’ultima teoria che sta in piedi.
I guadagni in estensibilità osservabili subito dopo lo stretching e dopo programmi di stretching di breve termine (da 3 a 8 settimane), sono dovuti solo ad un cambiamento sensitivo e non ad un aumento di lunghezza muscolare. Questa teoria è chiamata teoria sensitiva, perché il cambiamento della percezione della sensazione del soggetto è l’unica spiegazione attualmente disponibile di questi risultati.
Notiamo la frase molto interessante e intelligente: “l’unica spiegazione attualmente disponibile.” È un modo … da Sherlock Holmes di dirlo: “una volta eliminato l’impossibile, quello che resta, anche se improbabile, è il vero.” (Fino a prova contraria, aggiungo. N.d.t.) È una conclusione inaspettata, strana … ma è l’unica che ci è rimasta a disposizione, quindi va probabilmente presa sul serio.
Un aumento della flessibiltà può semplicemente essere un aumento della sopportazione di un eccessivo stiramento.
Passiamo alla neurologia
Il muscolo (probabilmente) non cambia, specialmente in risposta a un regime di stretching normale, ma la nostra volontà di lasciare che si allunghi probabilmente cambia. Se stiamo a questa teoria, dobbiamo pensare che l’allungamento sia normalmente limitato da disposizioni neurologiche vincolanti. Cervello e midollo spinale decretano: può lasciare che il muscolo si allunghi solo fino a qui, senza discutere. Non c’è negoziazione, almeno non a breve termine. Non bisogna commettere l’errore di pensare che sia una barriera che può essere prontamente superata con uno sforzo di volontà.
C’è un’analogia forte con la forza muscolare: noi disponiamo di una forza molto maggiore di quella che usiamo in sicurezza. Abbiamo grandi riserve cui è letteralmente impossibile attingere con breve preavviso, a meno che non arrivi in circolo tanta adrenalina. Le contrazioni sono normalmente “trattenute” dal cervello. Anche quando facciamo uno sforzo estremo, solo una parte minoritaria delle nostre fibre muscolari si contraggono contemporaneamente. Se si contraessero tutte insieme, ci esauriremmo in pochi secondi, o addirittura causeremmo danni ortopedici. Il nostro SNC ha ragioni eccellenti per imporci dei limiti di potenza. La contrazione totale è riservata solo a situazioni di vita o morte.
Tuttavia, con l’allenamento possiamo imparare a reclutare più fibre. Infatti, quando alleniamo i nostri muscoli, i primi risultati li otteniamo soprattutto perché impariamo a reclutare più fibre contemporaneamente.
Vediamo un esempio interessante, di come aumentare la flessibilità possa essere più una faccenda di “imbrogliare” il SNC che di cambiare i tessuti. Sembra che solo aggiungendo della vibrazione, anche i già flessibili ginnasti lo diventino ancora di più39,40. Come descritto da Sands, Issurin et al, i ginnasti “usavano un anello vibrante sospeso a un cavo, in cui mettevano il piede mentre stiravano gli ischiocrurali in long-sitting. L’aumento in flessibilità che ne risultava era sorprendente. Questi ricercatori dimostrarono che la vibrazione può aumentare la flessibilità.” Questi risultati furono replicati da Sands nel 2006. È chiaramente un impatto neurologico sulla flessibilità, e molto interessante.
Nonostante tutto questo, la squadra dei fan della plasticità resta numerosa e devota: molti operatori credono ancora che i tessuti adattino le loro strutture allo stretching. Possono citare qualche ricerca a supporto della loro opinione. Lo studio del 2011 sulla flessibilità che ho citato sopra (Marshall et al) è un ottimo esempio. Ha mostrato chiaramente che lo stretching aumenta la flessibilità: quando i muscoli venivano stirati con la stessa forza e spinti allo stesso livello di fastidio, alla fine dell’allenamento potevano arrivare al 20% di lunghezza in più. Allora sappiamo che qualcosa è cambiato! … Ma che cosa? I tessuti, o la tolleranza neurologica allo stiramento?
I dati non lo dicono. Ma gli autori si comportano come se lo dicessero. Fecero seguire ai dati una interpretazione indebita, presumibilmente per assegnare qualche punto alla squadra dei fan della plasticità. Siccome l’ampiezza aumentava ma il dolore a fondo corsa no, conclusero sventatamente che il cambiamento nella tolleranza non aveva un ruolo41 Ma stirare più a fondo senza provocare ulteriore dolore potrebbe significare un aumento della tolleranza neurologica!
Anche se non venne misurato, si può presumere che il dolore provato sarebbe stato minore se fossero stati stirati al loro fondo corsa originario. L’esperimento non dice niente sul meccanismo. Non risolve la scommessa: dimostra solo una riduzione in rigidità, ma non stabilisce se è dovuta a meccanismi strutturali o neurologici. E questo è il problema con la ricerca in generale: la plasticità è stata quasi esclusa totalmente da un bell’insieme di studi – eccone un altro fresco42 – ma non completamente, e nel contempo l’ipotesi dell’adattamento neurologico non è stata confermata.
La saggezza del corpo
Come per la contrazione muscolare, il corpo ha probabilmente eccellenti motivi per limitare rigorosamente l’allungamento. Quando uno stiramento diventa fastidioso, il nostro sistema nervoso dice “niente da fare, caro, non arrivare fino a lì: abbiamo delle regole sensate su queste faccende.”
E non conviene ignorarle. Che saggezza ha il nostro corpo!
Ma pare proprio che ci abituiamo allo stretching: possiamo imparare a sopportare allungamenti maggiori, in qualche misura. Attraente!
Questo spiega molto della straordinaria flessibilità di cultori yoga e specialisti di arti marziali, la cui ipermobilità potrebbe essere disfunzionale e pericolosa se fosse attribuibile a deformazione plastica. La deformazione plastica semplicemente non avviene, forse mai. Potrebbe verificarsi agli estremi della performance contorsionistica, ma solo agli estremi: se allungassimo muscoli e tendini così tanto da annodarci, sarebbero probabilmente troppo allungati per servirci bene nei movimenti normali.
È una teoria sensata, che la deformazione plastica sia piccola o nulla e che il contorsionismo sia abbondantemente dovuto ad estremi di tolleranza allo stiramento: si sono allenati per far emergere le loro latenti capacità di lasciare allungare pienamente i muscoli, ma i loro muscoli mantengono la capacità di tornare a lunghezza normale.
V PARTE
E QUINDI LO STRETCHING FA BENE…PER LO STRETCHING?
Per venire al sodo…..
Esiste quindi una teoria ragionevole su come lavora lo stretching. Ma non è facile acquisire una significativa tolleranza allo stiramento: ci vogliono settimane di sforzo diligente, molto più di quello che la maggior parte di noi è disposto a sopportare. Molte persone probabilmente credono di averlo acquisito, ma è perlopiù una pia illusione, e la gran maggioranza ha appena grattato la superficie della sua flessibilità potenziale in brevi periodi della vita.
Per venire al sodo, dov’è il sodo? Sappiamo già che lo stretching non fa tutto quello che speravamo facesse, specialmente prevenire gli infortuni. Va bene per altro? Non ci sono benefici noti, se non per:
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Menarne vanto
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Dominare i tornei di twister
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Fare pieno uso dei manuali erotici indiani
In breve, lo stretching sembra andare bene per… altro stretching. Ah, e naturalmente:
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Certo, lo stretching è piacevole.
Paul Ingraham
Sono un divulgatore scientifico, ex massoterapista, ed aiuto redattore di ScienceBasedMedicine.org. Ho avuto la mia spettanza di lesioni e dolori in qualità di podista e giocatore di ultimate. Vivo con mia moglie nel centro di Vancouver, Canada. Potete vedere la mia biografia completa e i miei titoli e il mio blog Writerly. Potete incontrarmi su Facebook e Google, ma soprattutto Twitter.
Note
1 Cooper, Bob. “The Rules Revisited.” Runner’s World. September, 2009. p. 59.
2 Shrier I. Stretching before exercise does not reduce the risk of local muscle injury: a critical review of the clinical and basic science literature. Clin J Sport Med. 1999;9.PubMed #10593217.
Questo articolo e quello di Herbert sono revisioni della letteratura, cioè revisioni di molti altri studi. Entrambi mettono in luce molte contraddizioni nelle ricerche recenti, ma entrambi concludono che non ci sono prove convincenti che lo stretching sia utile.
3 Herbert RD, Gabriel M. Effects of stretching before and after exercising on muscle soreness and risk of injury: systematic review. BMJ. 2002 Aug;325(7362):468.PainSci #57209.
4 Pope RP, Herbert RD, Kirwan JD. A randomized trial of preexercise stretching for prevention of lower-limb injury. Medicine Science in Sports Exercise. 2000 Feb;32(2):271–7. PubMed #10694106.
Alcune centinaia di reclute dell’esercito fecero stretching prima di ogni allenamento per 12 settimane: “un allungamento statico di 20” sotto supervisione per ognuno di sei grossi gruppi muscolari dell’arto inferiore durante ogni seduta di riscaldamento. Gli infortuni vennero comparati a quelli di altre centinaia di reclute che non fecero stretching. Gli autori conclusero che “il tipico stretching non produce riduzione clinicamente significativa del rischio di lesioni da esercizio nelle reclute dell’esercito.”
5 Complimenti alla lettrice Jennifer M, che me lo ha mandato. Jennifer ha aggiunto che il passaggio le ricorda suo padre, “che rimase competitivo negli 800 metri fino a quando aveva 60 anni e rotti, ma che non arrivava nemmeno vicino a toccarsi le dita dei piedi.” Ottimo esempio!
6 Ho fatto per 10 anni il massoterapista, chiedendo spesso ai miei pazienti delle loro abitudini e convinzioni riguardo lo stretching. Ora scrivo a tempo pieno su questi temi per un pubblico internazionale, e così ricevo molti più pareri sullo stretching dalle mail dei miei lettori. Dispongo di una grande vista panoramica sulle opinioni popolari in merito allo stretching. Anche gli operatori mi mandano molte mail, quindi conosco bene le loro opinioni. Sono più istruiti sullo stretching? Ci sarebbe da sperarlo, ma ad essere onesto non è la mia impressione: sembra che tutti ripetano quello che hanno sentito dagli altri, e che gli operatori lo facciano ancora di più.
7 La flessibilità è solitamente presentata sia come una ragione per fare stretching sia come una ragione per cui lo stretching è benefico per altri scopi. Sono cose diverse. Verranno entrambe considerate in dettaglio.
8 Fra poco vedremo qualche evidenza, ma nel frattempo c’è un interessante principio di lavoro che vale la pena di far notare: questi obiettivi si sono dimostrati impossibili o in via diretta, per evidenza di inefficacia, o meno ovviamente ma con quasi altrettanta certezza, per il prevalere di evidenza di effetti marginali. Provare l’esistenza di un effetto trascurabile è in pratica condannare mediante un’approvazione tiepida; provare che qualcosa funziona a malapena è quasi lo stesso di provare che non funziona per niente. Questo è un problema cronico di molti trattamenti che si proclamano efficaci: forse fanno qualcosa, ma non impressionano. Lo stretching soffre tantissimo di questo problema.
9 Che siano un fenomeno reale è certo, ma non necessariamente “qualcosa” nei tessuti. È probabile che i trigger point non siano quello che sembrano essere. Può essere un argomento controverso.
10 Davies C. The trigger point therapy workbook: your self-treatment guide for pain relief. 1st ed. New Harbinger Publications; 2001. pag. 8. “tentare di influire su trigger point relativamente piccoli stirando interi gruppi di muscoli recalcitranti sembrava inutilmente indiretto, ed inefficace.”
11 Travell J, Simons D, Simons L. Myofascial Pain and Dysfunction: The Trigger Point Manual. 2nd ed. Lippincott, Williams & Wilkins; 1999. p. 127–135. Molti terapisti credono erroneamente che il ben documentato metodo di Travell e Simons “spray e stretch” significhi che lo stretching fa certamente bene per i trigger point. Ma lo scopo dello spray raffreddante (“vapocoolant ”) è “distrarre il sistema nervoso dal dolore causato dallo stiramento di un muscolo sofferente che – come descrive un modello teorico – incorpora sia piccole zone con sarcomeri ipercontratti (i trigger point), sia lunghe strisce di sarcomeri iperestesi. Senza lo spray, i muscoli in questa condizione possono contrarsi per difendersi. Di conseguenza, Travell e Simons sconsigliano di stirare i trigger point senza lo spray, sottolineando che l’idea non è affatto priva di rischi.
12 Azevedo DC, Melo RM, Alves Corrêa RV, Chalmers G. Uninvolved versus target muscle contraction during contract: relax proprioceptive neuromuscular facilitation stretching. Phys Ther Sport. 2011 Aug;12(3):117–21. PubMed #21802037.
13 Kay AD, Blazevich AJ. Effect of Acute Static Stretch on Maximal Muscle Performance: A Systematic Review. Med Sci Sports Exerc. 2011 Jun 8. PubMed #21659901. I ricercatori hanno scandagliato più di 4500 studi prima di scegliere i circa 100 migliori, a cui guardare con più cura. Hanno trovato “prove schiaccianti” di “nessun effetto significativo,” e questo non è certo sorprendente per chi ha seguito gli studi sullo stretching negli anni.
14 Damasceno MV, Duarte M, Pasqua LA, et al. Static Stretching Alters Neuromuscular Function and Pacing Strategy, but Not Performance during a 3-Km Running Time-Trial. PLoS One. 2014;9(6):e99238. PubMed #24905918. PainSci #53972. La conclusione riproduce e incrementa queste evidenze. Non era un effetto negativo enorme, ma comunque un effetto nella direzione sbagliata! Un capitombolo epico per lo stretching.
15 Lowery RP, Joy JM, Brown LE, et al. Effects of static stretching on 1-mile uphill run performance. J Strength Cond Res. 2014 Jan;28(1):161–7. PubMed #23588487.
C’è qualcosa in più da dire riguardo a questo, e Alex Hutchinson lo disse, ma qui c’è il boccone amaro: lo stretching prima della corsa causava una caduta dell’8% nella prestazione nella corsa del miglio in salita. Accidenti!
16 Soligard T, Myklebust G, Steffen K, et al. Comprehensive warm-up programme to prevent injuries in young female footballers: cluster randomised controlled trial.BMJ. 2008;337:a2469. PubMed #19066253. PainSci #56160. Nel 2008, dei ricercatori norvegesi misero a confronto gli infortuni in più di mille giocatrici di calcio che eseguirono un riscaldamento come questo con alcune centinaia che non lo eseguirono. Le atlete che eseguirono il riscaldamento subirono meno infortuni, meno lesioni da sovraccarico, e gli infortuni furono meno gravi. Lo stretching statico non faceva parte del riscaldamento. Ne faceva parte lo “stretching attivo” …, ma lo “stretching attivo” deve essere chiamato mobilizzazione – fare degli affondi, per esempio – che è ben diversa dal tipo di stretching, passivo o statico, cui normalmente la gente si riferisce.
17 Soligard T, Nilstad A, Steffen K, et al. Compliance with a comprehensive warm-up programme to prevent injuries in youth football. Br J Sports Med. 2010 Sep;44(11):787–93. PubMed #20551159. PainSci #54998.
I ricercatori trovarono che i tassi di infortunio erano significativamente minori nelle squadre di calcio che eseguivano diligentemente gli esercizi di riscaldamento (il programma di riscaldamento raccomandato dalla FIFA “gli 11 +”, che – è degno di nota – non include lo stretching). Da una parte, non c’era molta differenza fra un riscaldamento leggero e uno più intenso. Ma i giocatori e le squadre che si impegnarono più intensamente (“il doppio degli esercizi”) ottennero risultati consistenti: “il rischio di lesioni ed infortuni era ridotto di più di un terzo fra giocatori più ligi, a confronto con i giocatori che lo erano un po’ meno.” Un entusiasmo extra che ha portato buoni risultati!
18 Non sono sicuro, ma mi sembra fosse questo l’articolo in questione: Tiidus PM.Manual massage and recovery of muscle function following exercise: a literature review. J Orthop Sports Phys Ther. 1997 Feb;25(2):107–12.PubMed #9007768.
19 Lund H. The effect of passive stretching on delayed onset muscle soreness, and other detrimental effects following eccentric exercise. Scand J Med Sci Sports. 1998 Aug;8(4):216–21. PubMed #9764443.
Dall’abstract: “non c’era alcuna differenza nelle variabili riferite fra gli esperimenti 1 e 2. Si conclude che lo stretching passivo non ha alcuna influenza significativa sull’aumento del CPK plasmatico, sul dolore muscolare, sulla forza muscolare, e sul rapporto PCr/P(i), a indicare che lo stretching passivo dopo esercizio eccentrico non può prevenire alterazioni patologiche secondarie.”
20 Cheung K, Hume P, Maxwell L. Delayed onset muscle soreness: treatment strategies and performance factors. Sports Med. 2003;33(2):145–64. PubMed #12617692.
Dall’abstract: “crioterapia, stretching, omeopatia, ultrasuoni ed elettroterapia hanno dimostrato di non avere effetto sull’indolenzimento muscolare o altri sintomi da DOMS.”
21 Weber MD, Serevedio FJ, Woodall WR. The Effects of Three Modalities on Delayed Onset Muscle Soreness. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy. 1994;20(5):236–42. PubMed #9512831.
Dall’abstract: “… l’analisi non ha rilevato alcuna differenza statisticamente significativa fra massaggio, elettrostimolazione a basso voltaggio, ergometria degli arti superiori, e gruppo di controllo.”
22 Herbert RD, de Noronha M, Kamper SJ. Stretching to prevent or reduce muscle soreness after exercise. Cochrane Database Syst Rev. 2011;(7):CD004577.PubMed #21735398.
Lo stretching fatto prima o dopo l’esercizio aiuta a ridurre la dolenzia? Zero. Questa ampia revisione di undici piccoli studi scientifici e di uno molto grande, termina con un chiaro pollice verso:
l’evidenza di studi randomizzati suggerisce che lo stretching, sia esso condotto prima, dopo o sia prima che dopo l’esercizio, non produce riduzioni clinicamente importanti della dolenzia muscolare ad insorgenza ritardata in adulti sani.
L’evidenza era “da bassa a media”, con rischio di errore statistico “da medio ad alto”, il che significa che la maggior parte dei ricercatori probabilmente speravano di trovare che lo stretching effettivamente serve per la DOMS … ma che nonostante questa probabile distorsione dello studio non trovarono comunque ciò che speravano.
Lo studio molto grande dava tecnicamente risultato positivo, avendo trovato una riduzione media della dolenzia di 4 punti: ma su una scala di 100 punti, il che in pratica vale niente. La variazione fra i risultati degli individui è indubbiamente più grande.
23 Hart L. Effect of stretching on sport injury risk: a review. Clin J Sport Med. 2005 Mar;15(2):113–113. PubMed #15782063.
OBIETTIVO: effetto dello stretching sul rischio di infortuni sportivi: una revisione per valutare l’evidenza sull’efficacia dello stretching nella prevenzione degli infortuni nello sport.
FONTI DEI DATI: sono state fatte ricerche in MEDLINE (dal 1966 a settembre 2002), Current Contents, Biomedical Collection, Dissertation Abstracts, the Cochrane Library, e SPORTDiscus per articoli in tutte le lingue contenenti i termini stretching, flessibilità, infortuni, epidemiologia e prevenzione degli infortuni. Sono state esaminate le bibliografie e contattati degli esperti per trovare altri studi rilevanti.
SELEZIONE DEGLI STUDI: sono stati inclusi studi randomizzati o studi di coorte di interventi che includevano lo stretching a confronto con altri interventi, con partecipanti che erano impegnati in sport o attività di fitness. Uno degli autori ha individuato 361 articoli che trattavano di flessibilità, metodi ed effetti dello stretching, fattori di rischio per infortuni, e prevenzione degli infortuni; di questi articoli, 6 soddisfacevano i criteri per essere inclusi nella meta analisi.
ESTRAZIONE DEI DATI: tre revisori indipendenti, in cieco rispetto agli autori e agli istituti degli studi, hanno valutato la qualità metodologica degli studi (scala 0-100) e hanno raggiunto il consenso sulle divergenze. Sono stati estratti i dettagli sui soggetti degli studi, sugli interventi e sugli esiti.
RISULTATI PRINCIPALI: Una riduzione globale degli infortuni (sindromi compartimentali, reazione da stress tibiale, distorsioni, distrazioni, altre lesioni dell’arto inferiore) con lo stretching di singoli muscoli o di più gruppi muscolari non è stata rilevata in 5 degli studi controllati (odds ratio [OR] 0.93; 95% CI, 0.78 to 1.11). La riduzione delle lesioni non era significativamente maggiore né con lo stretching di specifici muscoli (OR, 0.80; CI, 0.54-1.14) né per lo stretching di gruppi muscolari multipli (OR, 0.96; CI, 0.71-1.28). Combinando le 3 valutazioni della qualità metodologica, i punteggi medi andavano da 29 a 60/100. Dopo aggiustamento per i fattori confondenti, gli studi di bassa qualità non mostravano una riduzione maggiore degli infortuni con lo stretching (OR, 0.88; CI, 0.67-1.15) a confronto con gli studi di alta qualità. (OR, 0.97; CI, 0.77-1.22). Lo stretching per migliorare la flessibilità, gli effetti avversi dello stretching, e gli effetti del riscaldamento non sono stati valutati da studi appropriate.
CONCLUSIONE:il limitato numero di studi appropriati disponibili mostra che lo stretching non è efficace nella riduzione degli infortuni.
24 Brushøj C, Larsen K, Albrecht-Beste E, et al. Prevention of overuse injuries by a concurrent exercise program in subjects exposed to an increase in training load: a randomized controlled trial of 1020 army recruits. Am J Sports Med. 2008 Apr;36(4):663–670. PubMed #18337359.
25 Pereles D, Roth A, Thompson DJ. A Large, Randomized, Prospective Study of the Impact of a Pre-Run Stretch on the Risk of Injury in Teenage and Older Runners.USATF.org. 2011 Jun 15. PainSci #55243.
26 Ci sono molte prove sperimentali dell’efficacia dello stretching per la fascite plantare. Si vedano Wolgin, Batt, Barry and Powell.
27 Marshall PW, Cashman A, Cheema BS. A randomized controlled trial for the effect of passive stretching on measures of hamstring extensibility, passive stiffness, strength, and stretch tolerance. J Sci Med Sport. 2011 Nov;14(6):535–40. PubMed #21636321.
28 Da Kay et al: “gli effetti dannosi dello stretching statico sono limitati soprattutto allo stretching di lunga durata (più di 60”), che non sempre è usato nella preparazione pre-esercizio nella clinica, nello sport amatoriale e nello sport professionistico. Stretching di durate inferiori ai 60” possono essere eseguiti senza compromettere la prestazione muscolare massimale”.
29 Beckett JR, Schneiker KT, Wallman KE, Dawson BT, Guelfi KJ. Effects of Static Stretching on Repeated Sprint and Change of Direction Performance. Medicine & Science in Sports & Exercise. 2009 Jan 5.
30 La più ovvia grinza che presta il fianco ad obiezioni è che l’impatto negativo dello stretching statico può essere di breve termine: gli scattisti erano rallentati solo per 10 minuti? Venti minuti? Addirittura sessanta? Un’altra importante considerazione è che i potenziali effetti terapeutici dello stretching, ancora straordinariamente senza prove a questo punto della storia, ma nel futuro non si sa mai, potrebbero plausibilmente valere il relativamente basso costo di essere un po’ rallentati. Per esempio, se (grosso se) lo stretching riducesse significativamente il rischio di distrazione muscolare, questo effetto varrebbe il rallentamento dello scatto? Probabilmente! Se.
31 Farinatti PT, Brandão C, Soares PP, Duarte AF. Acute effects of stretching exercise on the heart rate variability in subjects with low flexibility levels. J Strength Cond Res. 2011 Jun;25(6):1579–85. PubMed #21386722.… sedute di allenamento per la flessibilità a serie multiple miglioravano la modulazione vagale e l’equilibrio simpatico-vagale nella fase acuta del recupero dopo l’attività, perlomeno in soggetti con bassa flessibilità. … i risultati presenti suggeriscono che i protocolli di stretching possono aiutare a un cambiamento favorevole di attività autonomica in soggetti non allenati.
32 Mense S, Simons DG, Russell IJ. Muscle pain: understanding its nature, diagnosis and treatment. 1st hardcover ed. Lippincott Williams & Wilkins; 2000. p265.
33 La teoria è che un trigger point è un frammento di muscolo malato, intossicato ed in spasmo che sta vivendo una situazione di crisi metabolica, chiamata “crisi energetica”. Le sostanze di rifiuto si accumulano, irritano le terminazioni nervose, causando dolore, e tutto peggiora. Ma le fibre muscolari possono bruciare combustibile solo quando le molecole interne sono sovrapposte in situazione di contrazione. Secondo Simons e Mense, lo stiramento “sblocca” le fibre muscolari, interrompe la contrazione, e presumibilmente placa la crisi energetica.
34 Per esempio, c’è un problema meccanico particolarmente difficile: come si può allungare un nodo fortemente contratto – si tratta di fibre muscolari in pieno spasmo – con qualcosa meno di un paio di pinze, una morsa e un bicchiere di grappa? Quasi certamente non abbiamo la potenza e la tolleranza al dolore necessarie per allungare effettivamente le fibre in spasmo, specialmente se reagiscono contraendosi (il che può spiegare i casi in cui lo stretching peggiora la situazione). È particolarmente improbabile che si riesca a “sganciare” un nodo di forte contrazione in un muscolo lungo: non abbiamo la “presa” necessaria su esso. Sarebbe come cercare di allungare una piccola e tenace molla tirandone le estremità con una lunga fune elastica.
35 Molti lettori hanno puntualizzato che gli adepti esperti dello yoga sono flessibili, specialmente i più anziani. Per esempio, T. G. scrive: “nel mio gruppo yoga, gli anziani sono molto più flessibili dei giovani.” Può essere che l’allenamento abbia dato flessibilità, ma non è la sola spiegazione possibile. Una spiegazione che non si riesce mai a far capire del fenomeno del vecchio-yogi-flessibile è che le persone col dono della flessibilità si appassionano allo yoga e lo praticano rigorosamente, perché l’uomo gode nel fare quello che gli riesce bene, … mentre i poco flessibili lasciano perdere. Non sto dicendo che sia effettivamente così – davvero, non lo so – dico solo che è il tipo di spiegazione che non viene nemmeno concepita. Bisogna considerare questa spiegazioni controintuitive, alla rovescia, che sono meno comode per i nostri pregiudizi. Anche se c’è un effetto allenamento, è molto probabile che spieghi solo in parte la maggiore flessibilità di queste persone, e questo è qualcosa che la maggior parte dei grandi sostenitori dello stretching non ha mai considerato.
36 Katalinic OM, Harvey LA, Herbert RD, et al. Stretch for the treatment and prevention of contractures. Cochrane Database Syst Rev. 2010;9:CD007455. PubMed #20824861.
37 Forse ci sono altri metodi di stretching che funzionano contro le retrazioni, ma l’uomo comune non ha idea di cosa siano, e i terapisti si sparpagliano in tutte le direzioni a questo proposito, senza essere d’accordo su quale “altro metodo” funziona perché non c’è alcuna evidenza sperimentale per esso: solo un gran numero di ipotesi.
38 Weppler CH, Magnusson SP. Increasing muscle extensibility: a matter of increasing length or modifying sensation? Phys Ther. 2010 Mar;90(3):438–49. PubMed #20075147.PainSci #55283.
39 Sands WA, McNeal JR, Stone MH, Russell EM, Jemni M. Flexibility enhancement with vibration: Acute and long-term. Med Sci Sports Exerc. 2006 Apr;38(4):720–5.PubMed #16679989.
40 Issurin VB, Liebermann DG, Tenenbaum G. Effect of vibratory stimulation training on maximal force and flexibility. J Sports Sci. 1994 Dec;12(6):561–6. PubMed #7853452.
41 Molti dettagli dello studio fanno pensare che gli autori propendano per la spiegazione “strutturale”, ma questo è molto chiaro: anche se ammettono che “non si può escludere del tutto il ruolo della tolleranza al dolore come possibile spiegazione del cambio di estensibilità”, concludono che “sembra che il dolore agli ischiocrurali innescato dallo stiramento passivo abbia poca importanza nello spiegare il miglioramento legato all’allenamento.” Davvero? A me sembra proprio che possa!
42 Konrad A, Tilp M. Increased range of motion after static stretching is not due to changes in muscle and tendon structures. Clin Biomech (Bristol, Avon). 2014 May 9.PubMed #24856792.
Ancora materiale per il dibattito “tolleranza vs. plasticità”: l’aumento di mobilità segmentaria non era spiegabile con cambiamenti strutturali nell’unità muscolo-tendine, ed era probabilmente dovuta ad una aumentata tolleranza allo stiramento forse dovuta ad adattamenti delle terminazioni nocicettive.”
Postato il 14 maggio 2017