Lo scorso 6 febbraio, su “Varesenews”, quotidiano online della provincia di Varese, durante la campagna elettorale per le elezioni regionali in Lombardia, erano state pubblicate alcune singolari “esternazioni”, del Presidente uscente della III Commissione Permanente Sanità e Politiche Sociali, riguardo la “…potenziale integrazione del massaggiatore capo-bagnino (mcb) (che si fa chiamare anche “massoterapista” o “idroterapista” – NdR), con le altre figure sanitarie e in particolare con quelle impegnate nelle Strutture territoriali, quindi Ospedali e Case di Comunità”.
Ne ha fatto immediatamente seguito un Comunicato, a firma dei 4 Ordini Provinciali dei Fisioterapisti (OFI) lombardi, che “ha rimesso al suo posto” tale figura, perché, se si vuole parlare di Riabilitazione e Fisioterapia in particolare, lo si dovrà fare unicamente con noi. (“Ordine Fisioterapisti e lotta all’abusivismo: primi segnali”).
E, a questo proposito, nel Comunicato si fa riferimento all’allestimento di un Tavolo Tecnico Ministeriale predisposto per affrontare il problema.
Di questo Tavolo Tecnico si parla anche nel sito del nostro Ordine (link) e, riprendendo il Comunicato citato, si specifica che compito di tale Tavolo, sarà quello di “definire i campi di applicazioni e le mansioni, ancora non specificate dal Decreto regio…(omissis).…che sorregge la figura, che tali lavoratori possano svolgere in ausilio e non in sovrapposizione con altre professioni sanitarie. Solo dopo un serio percorso istituzionale potremo capire, da cittadini e professionisti, se questa proposta possa avere una benché minima sostenibilità giuridica o se si tratta solo di strategia elettorale”.
Ora, a nostro giudizio e a scanso di equivoci, fraintendimenti o possibili sorprendenti “aggiustamenti”, con queste note ci sembra opportuno ribadire, alla nostra Categoria e, se ci è consentito, sommessamente anche al nostro Ordine seduto a quel Tavolo, l’attuale “punto di partenza normativo” (anche se non è una bella espressione), da cui ci sembra inderogabile muoversi per affrontare la questione.
Perché riteniamo sia prioritario, oltre a chiedersi se questa figura abbia qualche competenza in ambito sanitario, anche verificare se Regione Lombardia sia ancora legittimata a formarla, dopo la Sentenza del Consiglio di Stato 3410 del 21 giugno 2013 che ha bocciato proprio la sentenza n.311/02 del Tar Abruzzo, che Regione Lombardia prendeva a pretesto per consentire l’apertura dei corsi per mcb col D.d.u.o. n. 10043 del 2009. Formazione che è iniziata, a quel tempo, per evitare più che probabili ricorsi, da parte dei possessori di titoli inventati da Regione Lombardia e rilasciati a seguito di corsi organizzati dalla Regione stessa e poi resi carta straccia nei tribunali: il massaggiatore e operatore della salute; l’operatore del massaggio sportivo e quello di tecniche orientali. Perché l’individuazione e creazione di nuove figure sanitarie é di esclusiva competenza dello Stato (art. 117 terzo comma della Costituzione).
Comunque sia, allo stato attuale questa “figura”, presente sul mercato, che risulta inserita, nel sito del Ministero della Salute, tra le arti ausiliarie delle professioni sanitarie, è in attesa di un chiarimento ministeriale circa sue eventuali competenze in campo sanitario.
Questo, dopo che l’allora Commissione d’Albo Nazionale dei Fisioterapisti, quando faceva ancora parte del “Condominio” TSRM-PSTRP, ha chiesto a Regione Lombardia chiarimenti riguardo le competenze del massaggiatore-capo bagnino degli stabilimenti idroterapici di cui al Regio Decreto 1334 del 1928 (artt. 1, 15, 16), per sospetto di abuso di professione sanitaria, chiedendo, contestualmente, la revoca del Decreto Dirigente Unità Organizzativa n. 10043, del 6 ottobre 2009, con il quale Regione Lombardia ne autorizzava la formazione.
D.d.u.o che, come detto, prendeva a riferimento la sentenza n. 311/02 del TAR Abruzzo, poi bocciata dalla Sentenza del Consiglio di Stato 3410-2013, perché “il massaggiatore capo-bagnino, pur formalmente presente nel Regio Decreto citato, è una figura vuota” e: “La circostanza che il Testo Unico delle Leggi Sanitarie (T.U.L.S.) contempli ancora la figura del massaggiatore capo bagnino è irrilevante in assenza di una compiuta disciplina di settore armonicamente ricomposta sui due livelli di competenza previsti dalla Costituzione (statale e regionale)”. Questo perché, spiegano i Giudici di Palazzo Spada: “Le nuove professioni non possono cominciare a vivere nell’ordinamento se manca l’individuazione dei profili che le caratterizzano e la descrizione dei relativi percorsi formativi”. (1)
Nella sua risposta alla Commissione d’Albo Nazionale dei Fisioterapisti, Regione Lombardia ha confermato, dietro precisa indicazione del Ministero della Salute, che il massaggiatore capo-bagnino NON è “professione sanitaria”, né “operatore di interesse sanitario”, ma “arte ausiliaria delle professioni sanitarie” e che non può porre in essere atti riservati al Fisioterapista e chiede che sia lo stesso Ministero a rispondere circa una sua eventuale competenza in campo sanitario.
Ad oggi, quindi, quella del massaggiatore capo-bagnino è considerata un’“arte ausiliaria delle professioni sanitarie”, ma questa collocazione non è tuttavia accettata da tutti.
Basti pensare che il Regio Decreto 1334 del 1928 citato, Regolamento attuativo della Legge 23 giugno 1927 N. 1264 sulla disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie, non la considera tale, ma distingue due diverse figure: il massaggiatore e il capo bagnino, come due distinte specializzazioni dell’allora infermiere.
Occorre inoltre rilevare che, nonostante sia vietato dal citato Regio Decreto, all’art. 22, che impone l’uso della definizione ufficiale della figura professionale, il massaggiatore e il capo-bagnino si autodefiniscono spesso anche come “massoterapista” o “idroterapista”.
Restiamo in curiosa (e vigile) attesa….
(1) Nel 2019, in virtù della bocciatura da parte del Consiglio di Stato, (Sentenza del Consiglio di Stato 3410-2013) della sentenza del Tar Abruzzo, usata da Regione Lombardia per consentire i corsi per Mcb, l’Ordine TSRM-PSTRP di Milano inviò una Memoria alla Direzione dell’Ats Milano, richiedendo ufficialmente il rispetto di quanto disposto dalla Magistratura, ma la cosa non ha avuto seguito. Il Tar Abruzzo, nella sentenza bocciata, aveva sostenuto che, anche in assenza di un assetto unitario a livello nazionale, le Regioni potevano organizzare i corsi attingendo ai programmi svolti da coloro che chiedono il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero, ma, come detto, questa interpretazione, è stata ribaltata dal Cds.
Profilo – Regio Decreto 1334/1928
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