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Osteopata, professione sanitaria (per grazia ricevuta): la strada è ancora lunga (di Romualdo Carini, Fisioterapista e Giornalista Pubblicista – Responsabile Blog)

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E’ stato pubblicato, sulla G.U. n. 233 del 29 settembre scorso, il Decreto n. 131, a firma del Presidente della Repubblica, che istituisce la professione sanitaria (per grazia ricevuta) dell’osteopata. Entrerà in vigore il 14 ottobre prossimo.

Allo stato dei fatti, sembra però che il “topolino” partorito dalla montagna debba farne ancora di strada, prima di “completare il processo di definizione della professione” (come si augurano i suoi rappresentanti) e alzare i calici.

Tale processo è infatti disseminato di “trappole” (per usare un linguaggio figurativo), previste naturalmente dalle Leggi, da cui liberarsi (non evitare, perchè per ora il topolino c’è dentro) non sarà per tutti facile e in tempi brevi.

Un interessante articolo al riguardo, è stato pubblicato su quotidianosanita.it del 2 ottobre, “Riflettendo sugli osteopati pensando a Gugliucciello”, a firma dell’Avv. Salvatore Spitaleri di Udine.

In tale articolo l’Autore, già all’indomani, praticamente, della pubblicazione del Decreto sulla G.U., individua 3 “temi delicati”, 3 problemi (trappole) da prendere obbligatoriamente in considerazione e risolvere (uscire), per poter arrivare alla definitiva istituzione della professione. Proponiamo, all’attenzione dei lettori, alcuni interessanti passaggi al riguardo, contenuti nell’articolo citato.

Il primo tema delicato riguarda il fatto che, Decreto alla mano, “….la professione sanitaria dell’Osteopata potrà operare nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche, solo allorquando le relative prestazioni saranno inserite nei Lea e fermo restando l’individuazione di adeguate risorse finanziarie aggiuntive del Fondo sanitario nazionale a fronte dei relativi costi sorgenti”: si tratta di un blocco operativo, posto dalle Regioni, che risulta assai rilevante nella concreta organizzazione dei servizi sanitari regionali e, peraltro, lascia non sopito il dibattito sulla rimborsabilità e deduzione, medio tempore, delle prestazioni liberoprofessionali, qualora non siano rese da professionisti sanitari già abilitati.

Il secondo paletto prende in considerazione il “monumentale” problema del riconoscimento dei titoli pregressi, tenendo presente che “…. a differenza di quanto avvenuto negli ormai lontani Decreti ministeriali del 27 luglio 2000, i titoli relativi agli osteopati riguardano diplomi e attestazioni rilasciati da istituzioni formative certo autorevoli, ma private, non riconosciute, non accreditate e, in molti casi, non autorizzate ai corsi stessi: senza un decreto di riconoscimento dei titoli, non si potrà dar luogo alle procedure costitutive di un Albo professionale e conseguentemente all’auspicato esercizio della professione”.

Il terzo inghippo riguarda la loro Formazione come professione sanitaria, il percorso universitario di questa nuova figura infiltratasi nel nostro settore, “….che, non a caso, è stata inserita nell’ambito dell’area preventiva, con una spiccata ed evidente distinzione rispetto ad interventi sanitari su quadri patologici in atto: non si potrà certo tentare di far entrare dalla finestra, ciò che la normativa ha tenuto fuori dalla porta e, come sempre ricordava l’amico Mauro, “profilo, formazione e codice deontologico”, costituiscono cuore pulsante di una professione sanitaria”.

Mala tempora currunt….per gli osteopati?”

Occorrerà comunque vigilare….soprattutto da parte del nostro Ordine di prossima istituzione.

 

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Postato il 12 ottobre 2021